giovedì 8 ottobre 2015

figure di cartone


Sono rimasto incuriosito dal titolo di una mostra che si sta tenendo da queste parti – durerà fino a gennaio: Avezzano e la Marsica: come eravamo prima del 13 gennaio 1915, giorni addietro. (Già: com’eravamo chi, cent’anni fa?).
Ho dato una capatina sabato scorso e mi sono accorto che l’iniziativa pur presentando un tono dimesso, possiede alcuni tratti delle manifestazioni più blasonate del Centenario. È una mostra di presepisti e perciò di modelli, ma non solo. In una normale esposizione del genere, noti (invidi anche) la pazienza e la perizia mentre nel nostro caso – sotto quel titolo ma soprattutto dietro quella cornice –, la prima cosa che ti capita sotto gli occhi è lo strafalcione. Ci si aspetta invece un briciolo di elaborazione in tal caso; una mezz’idea che tenga per una settimana o poco più.
Segnalo solo il tratto comune della cultura come passività: il sottotitolo della mia ultima pubblicazione conteneva non a sproposito il termine spettacolo. La passività – anche in quest’occasione – non si rileva solo da parte di chi assiste, osserva, ma anche di chi rappresenta.
Un paio di brevi esempi.
(3D). Riproducendo una piazza di un secolo fa devo purtroppo inserire delle persone: ho bisogno far comprendere le proporzioni. Chi frequentava le piazze in quel periodo? Quanti? Quanti mestieri svolti all’aperto un secolo e passa fa, sono scomparsi alla fine degli anni Cinquanta? (Soprattutto in plastici inferiori a 1:50). In breve: come funzionava una piazza o una strada? Come aggiungere un colore – anche il posto giusto di un comignolo –, alle facciate degli edifici riprodotti in modo tanto fedele?
(2D). Di un Castello Orsini (Avezzano): perché disegnare minuziosamente la sua attuale sagoma e tralasciare le pietre? (Nel senso: bisogna far risaltare almeno la parte aggiunta nel restauro).
Non sono solo questioni filologiche.

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