Questo post chiude una
parentesi di tipo «territoriale» che ha avuto origine da un paio di comunicati
diffusi nel capoluogo del comprensorio. Ho notato un certo interesse alle
Amministrative del maggio prossimo ad Avezzano. È comprensibile da parte di
realtà locali mentre sembra strano – almeno al sottoscritto – quello dei
«forestieri» (L’Aquila, Celano). Si notano conferme e fisiologiche nuove dislocazioni
di personaggi legati alla politica.
Nelle ultime settimane ho
però visto rimestare vecchi modi di pensare e di comportarsi, più che nuovi
scenari, studi – degni di tale titolo –, utopie, visioni, analisi e idee più in
generale. Stesso repertorio, identico linguaggio. (Ascoltiamo musiche, vediamo
film, leggiamo libri in ogni modo diversi rispetto a trenta, quarant’anni fa.
Siamo proprio diversi). Tutto ciò sia da parte di chi attacca sia di chi vuol
conservare il proprio potere.
Non è confortante altrove.
Fu sovrapposto il nuovo tracciato autostradale proposto dal gruppo Toto alla
cartina degli acquiferi e a quella delle faglie attive, ma nonostante questo in
qualche comune (Castelvecchio Subequo, per citarne uno), s’immaginò che un
casello autostradale sarebbe stato un’occasione di sviluppo. A Celano invece
pensarono probabilmente allo shopping
nella Capitale da parte di chi vive lontano da Roma e avrebbe risparmiato del
tempo per raggiungere i negozi del centro al tempo dei saldi. Da un convegno
nazionale a Pescina, si è chiesto alla politica nazionale di dare una mano ai
«piccoli Comuni», ignorando che il borgo di 420 abitanti situato lungo le nuove
direttrici dell’Alta velocità o ricadenti nel perimetro di una città
metropolitana, possiede senz’altro maggiori possibilità di sfangarla rispetto
ad Avezzano – un agglomerato cento volte tanto – nella situazione che si va lentamente
disegnando. (La politica nazionale ha perciò già scelto e sta lentamente mettendo
in pratica, coerentemente le sue linee-guida: noi ci troviamo all’inizio della
china, non qualche metro prima). Afferma Roberto Mascarucci durante un convegno
organizzato da Uil nazionale: «L’Abruzzo ha perso il primo tempo però, […]
perché non è riuscito a inserirsi tra le dieci città metropolitane», in
«News-Town» 25 settembre 2016. Non è purtroppo il primo e unico «tempo» in cui
si è andati giù; io ci aggiungerei il declassamento dei nostri porti. (Glisso
sulla legge per L’Aquila capoluogo).
Torno ai comunicati di Marsica
Come On (Laboratorio Abruzzo Giovani). I marsicani, gli avezzanesi in
particolare hanno speso decenni a scagliarsi contro il capoluogo di provincia (anche
di regione) senza cavarne un ragno dal buco anzi. Qualcuno adesso attacca una
città che è grande almeno due volte L’Aquila e che – come ho scritto in
precedenza – è una sorta di secondo capoluogo dell’Abruzzo. (Si spara su
Pescara tralasciando L’Aquila che però conserva tutti i suoi poteri). Domanda:
che cosa ci si aspetta in meglio? Il capoluogo adriatico – di là della Grande
Pescara – è il cuore di una conurbazione che conta almeno 200mila abitanti; si
tratta di quasi il doppio dei marsicani sparsi all’interno: un sesto dell’elettorato
abruzzese è perciò concentrato in pochi chilometri quadrati – con tutto quel
che ne consegue. (Perché dalle nostre parti un impianto convertibile per bruciare
rifiuti da noi e non sulla costa abruzzese, dove – per via della cospicua
concentrazione di popolazione – c’è una maggiore disponibilità di «materia
prima»? L’Abruzzo, l’Italia ha in realtà rinunciato al Fucino come area per le
colture pregiate. Almeno dal 2007).
È invece il caso di
pensarne un’altra, una nuova soprattutto.
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