Per l’Abruzzo interno:
«presentarsi nelle sedi regionali o nazionali in ordine sparso significherebbe
l’emarginazione o comunque avere meno potere di adesso», 1997. Mi lega giusto
questo brano ai comunicati di Marsica Come On (Laboratorio Abruzzo Giovani) citati
nel post precedente.
Qual era l’ambiente che
avevo sotto gli occhi? Vi era stata nella Marsica la stagione della «Provincia
AZ», con il suo pacchiano contorno di campanilismo e provincialismo, si stava inoltre
affermando «Berlusconi»: il tempo dei partiti costruiti dall’alto. Sottoscriverei
le stesse frasi oggi? No, perché la realtà nazionale e locale è cambiata. È da
segnalare in primo luogo la nuova rete dell’Alta velocità e quindi, le città
metropolitane. Il dopo-terremoto (2009) ha avuto un impatto negativo sui nostri
paesi a livello provinciale, mentre si è assistito all’affermazione del «secondo
capoluogo» di regione.
Sommando nel tempo gli effetti
derivanti dall’istituzione delle città metropolitane e quella delle tratte
ferroviarie più «veloci», deriva che l’Abruzzo
(il Molise, un pezzo di Marche e di Puglia nel Centro-Sud), si allontana dall’Italia
che conta. (Cambia poco a livello simbolico raddrizzare qualche tratto di
strada ferrata o far transitare Freccia Rossa, come pensa ingenuamente Luciano
D’Alfonso – il miglior politico che abbiamo, in ogni modo). Cambierà l’armatura
dell’Italia per come la conosciamo, per com’è stata composta negli ultimi due
secoli tra Tirrenica e Adriatica: è sufficiente sovrapporre le due piantine. Dovevano
impensierirsi di ciò i politici abruzzesi negli anni passati, soprattutto
quelli dell’interno; dopo decenni spesi ad attaccare L’Aquila, gli avezzanesi
hanno invece scoperto da poco Pescara. (Io invece non riscriverei neppure: «Si
spendono miliardi [di lire 1997] per l’Area metropolitana di Pescara e non si
trovano risorse per riparare e asfaltare le strade del nucleo industriale di
Carsoli». Che senso avrebbe?). Non è purtroppo solo una questione di fondi, di
107.3.c, anzi. M’intenerisco perciò quando i giovani di Marsica Come On
scrivono: «E’ ora di reagire, prima che Avezzano si avvii sulla strada di un
declino irreversibile», 18 settembre. (‘eravamo
alla stazione, sì | ma dormivamo tutti’). Vale anche
la pena ricordare che la popolazione abruzzese è scesa di oltre 4mila unità l’anno, negli ultimi tre: è un segno più
rassicurante o più preoccupante?
Non mi piace ugualmente la
strumentalizzazione politica della vicenda Vesuvius, da parte della stessa
associazione. Si usa dagli inizi del secolo l’espressione delocalizzazione produttiva
mentre io ne ho un’idea dalla seconda metà degli anni Settanta, per via degli
studi universitari. (Uno storico aggiungerebbe più di qualche annetto alla nascita
di tale pratica). È stato elaborato nell’ultimo quindicennio, ventennio in
Italia, in Europa un metodo, una procedura, delle politiche per contenere,
eliminare simili situazioni? No. È saggio perciò tacere di fronte
all’iniziativa del sindaco d’Avezzano, di Forza Italia in Regione, dei 5Stelle
in Parlamento. (O attaccare tutti, senza distinzioni). Va anche riconosciuto
che non è stata mai elaborata una politica industriale degna di nota per il
nucleo industriale d’Avezzano, nel senso: negli ultimi cinquant’anni e passa. (Almeno due generazioni di amministratori,
politici e cittadini). No, non è solo una faccenda legata ai quattrini; la
Marsica deve ritagliarsi in breve tempo un ruolo nei confronti della Capitale, della
città metropolitana di Roma.
Trovo in versione ampliata:
«il Sindaco è obbligato ad ingoiare tutte le decisioni propinate ad Avezzano
dalla giunta targata PD di Luciano D’Alfonso, tutto proiettato su Pescara,
perché non può mettere in imbarazzo il fratello Peppe che di D’Alfonso è un
diretto collaboratore e come lui condivide la politica tutta a favore della
costa del PD abruzzese», in «AvezzanoInforma» 21 settembre 2016. È tutto dire una
redazione giornalistica che si meraviglia per alcuni meccanismi della politica italiana
in auge da oltre vent’anni.
Nessun commento:
Posta un commento