Dopo il terremoto di cent’anni fa i compaesani (vecchi, nuovi) hanno
ripreso le stesse pietre, non squadrate casomai e fabbricato nuove abitazioni. Oubliez! È finita lì anche dopo il sisma
nell’Irpinia (1980), eppure la maggioranza degli attuali avezzanesi ricorda sia
le scosse sia le crepe negli intonaci: una
casa a norma ogni anno da allora – una villa monofamiliare per carità, non la classica
palazzina con trenta appartamenti – e il patrimonio edilizio cittadino sarebbe
più sicuro di quello che abbiamo. (Più cemento, staffe, acciaio; giunti
tecnici). Trentasei costruzioni. Il terremoto nell’Aquilano (2009) è servito a confondere
le idee circolanti da queste parti più che far crescere la sicurezza o almeno il
suo desiderio nelle nuove costruzioni. (Qualcosa di buono si è cominciata a
vedere in giro per i cantieri, in verità). Sante perciò, le parole di Fernando
Boccia: «Alla mia domanda al vicesindaco: “Se
la scuola riapre significa che è sicura. Ma quindi è sicuro che se fa una
scossa di terremoto i nostri figli possono stare tranquilli”, la risposta
di Boccia è: “Ma perché se fa il
terremoto, casa tua è sicura?», M. Tirabassi, San Simeo, arrivano le telecamere di Sky e scoppia la bagarre, in
«TerreMarsicane» 29 agosto 2016. (Parlava di «casa tua» non quella del conoscente
rompiscatole o la sede locale dei nazisti dell’Illinois).
Era consigliabile la calma da parte di molti, una volta lette le
parole del vice-sindaco dopo l’ispezione dei tecnici (Enea): «il complesso
scolastico ha indici di vulnerabilità sismica superiori ai limiti definiti
dalla relativa normativa […] il plesso scolastico Corradini/Mazzini/Fermi rientra
nei parametri di legge per l’esercizio delle attività scolastiche», 7 settembre
2016. Come non concordare anche con Pietro Guida quando scrive: «Questa non è
più adesso, una protesta contro le scuole che non sono sicure, è una rivolta
contro il sistema. E’ una ribellione contro la politica, contro i tecnici e
contro lo Stato stesso», MarsicaLive
6 settembre 2016.
Si sente parlare comunemente di «rischio sismico, idrogeologico e
vulcanico». Da noi invece, oggi? Cammin facendo, molti di noi si sono persi
qualcosa. Una vallata che frana ha effetti così diversi da un terremoto, è meno
devastante? Al tempo della legge regionale cosiddetta salva- o ammazza-fiumi,
io sono stato l’unico a scriverne, a schierarmi contro nella Marsica: «La differenza tra l’oggi [prelievo di sabbia e sassi dai
fiumi abruzzesi] e trent’anni fa [cementificazioni, canalizzazioni] consiste
nel fatto che allora, tu trovavi il democristiano che sbuffava, il comunista
critico e il socialista che polemizzava di nascosto mentre nel 2015, i
consiglieri regionali sono tutti d’accordo su tale legge», 17 luglio
2015. Schizofrenia, sciatteria, ipocrisia?
Non si è trattato secondo me solo della somma di una psicosi cresciuta
al bar, nel web e di una strumentalizzazione politica fisiologica – ma fino a
un certo punto. Mi chiedo invece: perché qualche centinaio di persone, un pugno
di partiti si lamenta solo delle scuole
ma non degli altri edifici frequentati dalla gente? (Sono numerosi: municipio,
chiese, tribunale, ospedale, uffici, ipermercati, palestre, impianti sportivi, biblioteca,
teatro, stadio, ex discoteche, eccetera). C’è in questa vicenda secondo me –
posso sbagliarmi – anche un rigurgito di mentalità contadina presente nel DNA
dei residenti: entra in ballo la discendenza
più che l’affetto sbandierato ai quattro venti nei confronti dei cuccioli
d’uomo. Chi risiedeva nel contado, viveva di ciò che produceva la terra – egli non
si curava minimamente della vita cittadina –, mentre un artigiano, un artista o
un brainworker del tempo andato portava
sempre tutto con sé. Un contadino non poteva arrotolare il suo podere,
metterselo sotto il braccio e cambiare aria in caso di calamità; egli doveva
anche risolvere la questione della trasmissione dei suoi averi agli eredi – maschi.
P.S.: dispiace tanto per la morte di C.A. Ciampi
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