Ho scritto soprattutto del
rapporto tra le persone e gli spazi che loro stessi fabbricano, negli ultimi
dieci anni. Tratto perciò tendenzialmente di gruppi di persone e non di singoli
come il sindaco, l’assessore alla Felicità, il vescovo, il comandante-di-qualcosa,
perciò mi fila poco il pubblico del web generalmente alla ricerca di nemici
facilmente individuabili e lontani. Non posso né so scrivere di tutto ma due-tre
volte all’anno pubblico rinvio a un pezzo che riguarda la Marsica e di cui
nessuna testata locale se n’è inspiegabilmente occupata.
Negli ultimi tempi, chiacchierando
con amici sulle prossime Amministrative, me ne sono uscito con un pensiero bizzarro
che riassumo. Per com’è organizzata, come funziona Avezzano, non c’è bisogno
d’indire le elezioni: è sufficiente un incontro tra capiclan e collettori di
voti in un piccolo tendone da circo per far saltar fuori il nome del nuovo
sindaco e dei consiglieri comunali. (È bene allontanare qualsiasi riferimento alla
tenda dei campeggiatori, degli alpinisti, della Protezione civile e dei
militari; a quella della tradizione ebraica, in particolare). Non racconta
balle uno che tiene i «voti in banca» dalle nostre parti: se lui proclama che
porterà 830 preferenze a un candidato vuol dire che in elezioni normali ne
prenderà almeno 820. Esagero nella conclusione d’accordo, ma non nella premessa
– mi è capitato più volte di descrivere i tratti levantini nel modo di
pensare locale, il clientelismo pervasivo e becero soprattutto.
L’articolo da segnalare non
lo è poi così tanto, stavolta. Si tratta di un comune reportage in cui si mettono in fila informazioni e umori – anche se
di prima mano –, come altri già pubblicati da testate giornalistiche locali e fuori
dal comprensorio riguardo alle nostre elezioni. (M. Signori, Elezioni Avezzano: i civici saranno
decisivi, nel centrodestra spunta la Mazzocchi, in «AbruzzoWeb» 8 novembre
2016). Niente di che, appunto; a un tratto però, spunta una frase che svela meglio
di un trattato di antropologia, come funziona a livello politico e non solo il
capoluogo del comprensorio: «non esistono partiti ma solo capibastone». Da chi proviene
una costatazione del genere? L’articolista non lo cita ma è certo una persona
che ben conosce i meccanismi della città e fa parte del nostro ambiente
politico – perché lo avrebbe consultato Marco Signori, altrimenti? È un’affermazione
autorevole in ogni modo e riferita a uno schieramento politico particolare.
Sono poco più dei richiami
per babbioni gli effimeri partiti del nostro tempo.
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