venerdì 30 dicembre 2011

da "Il Velino" 57/23

Ho scritto una frase che ha avuto fortuna, quest’anno. Qualcuno s’è complimentato direttamente, qualcun altro l’ha ripresa nel web. Eccola: «La civiltà nel discutere è [...] da considerare una risorsa per una città, alla pari di un corso d’acqua, del traffico scorrevole, della raccolta differenziata all’80%, dei parchi pubblici» [Negroni e Zingarelli, sul vecchio Avezzanoblu: rimane in rete fino al 31 gennaio].
Mi riferivo ad una situazione particolare in cui un politico, trattava un non politico come se fosse un uomo politico (falsità ed accuse infondate incluse). La cosa m’aveva indignato e la mia protesta solitaria aveva colpito anche altre persone.
Non avrei scritto una frase del genere 20-25 anni fa: sarebbe stata una banalità. Un tempo, guai ad uscire fuori-tema durante una discussione. Era accettabile «perdere» un confronto – salvo poi, rimanere della stessa idea.
La politica ha mutuato alcuni atteggiamenti aggressivi ed anche violenti dal mondo del calcio e la tv prima ed il web dopo, li ha diffusi nella società italiana. Non ho esagerato a mettere sullo stesso piano una risorsa vitale come l’acqua ed il clima sociale, la correttezza e la lealtà nel rapporto tra le persone.
I «beni» immateriali sono importanti come quelli materiali, anche nella nostra società. La collaborazione e la solidarietà, non sono solo sentimenti ma fanno parte del corredo della nostra evoluzione. Il Corriere della Sera ha pubblicato settimane addietro, «Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti» di Italo Calvino (1980). Fu nuovamente proposto da La Repubblica al tempo di Tangentopoli; è tuttora un documento attuale, che ci riguarda.
Ci si lamenta che gli scrittori degli ultimi decenni non pubblicano sulle prime o sulle terze pagine dei quotidiani. E’ finita l’epoca dei Pier Paolo Pasolini, Goffredo Parise, Leonardo Sciascia, per intendersi. I sunnominati in realtà, avevano molto da dire e da scrivere sulla società in cui sono vissuti, a differenza dei contemporanei. In fondo: che cosa ha da recriminare alla società un produttore di best-seller?
E’ questo solo uno dei numerosi motivi della cecità collettiva contemporanea: manca chi registra i piccoli cambiamenti quotidiani che portano alle grandi trasformazioni. L’augurio che faccio, in questa fine d’anno, è che la mia frase divenga un ferrovecchio. Prima possibile.

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