mercoledì 14 dicembre 2011

da "Il Velino" di oggi

Da adulto m’è capitato 2-3 volte, di pensare al Natale. Ho scritto, anni fa: «L’insolito bel tempo di dicembre, mi ha fatto capire perché i nostri antenati hanno fissato feste tanto importanti al passaggio tra l’autunno e l’inverno: perché c’è una luce stupenda, emozionante» (2007).
Ho passato due inverni nella «Milano da bere» ed uno dei ricordi peggiori è il centro cittadino dalla «prima» alla Scala fino a Natale.
Al pomeriggio soprattutto, la città era intasata da gente occupata nelle compere. Ho pensato più di una volta, lungo corso Buenos Aires tra le sciure impellicciate, i bauscia di periferia e l’ordinary people con il sorriso stampato sulle labbra (Drive In è iniziata nel 1983): «I cristiani, come festeggiano Natale, con tutto questo frastuono?». Frastuono era un modo di dire in quanto, oltre vent’anni fa, i locali ed i negozi diffondevano meno musica d’oggi ed i robot che salutano e cantano Jingle Bells quando t’avvicini, non erano stati inventati.
Allora (come oggi), mi mancava il concetto d’Avvento, ma m’infastidiva che ci s’approssimava ad una festa – di là del tipo di festa –, in quel modo volgare. Era una maniera non lieta e festosa, tra l’altro e vissuta come un obbligo sociale dalle persone. M’imbarazzava stare in mezzo a quello smisurato ingorgo pedonale e fare lo slalom tra gente intenta ad eseguire calcoli e conteggi: era come se si riducesse la distanza tra me e quel mondo assaporato al consumismo, e poi mi sembrava di mancare di rispetto verso i cristiani. E’ come trovarsi dentro una libreria o al concerto e sentire qualcuno che parla: dà fastidio, senz’altro. Dà fastidio a noi ed anche agli altri.
Data la mia età, ho vissuto il passaggio del Natale da festa religiosa a mera occasione di consumo, ma solo in quelle occasioni e stando fuori da troppe cose, me ne sono accorto. Negli ultimi quattro anni, molti lamentano da noi: «Non si sente più il Natale», «Non si rispettano più le feste». (Nel senso: la gente compra meno e gli affari vanno meno bene). Ci si è appiattiti sul consumismo e si è dimenticato l’abbondante resto: la festa è rispettata quando la gente entra nei negozi.
Federico Fellini, un paio d’anni dopo il mio ritorno tra questi monti, metteva in bocca a Roberto Benigni (La voce della luna, 1990): «Se tutti facessimo un po’ di silenzio, forse potremmo capire».

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