mercoledì 10 ottobre 2012

KsLT 17

Dopo le nevicate di febbraio, qualcuno ha scoperto di vivere in montagna. Un’amica diceva: «Da quando abito qua non ho mai pensato di comprarmi un piumino, eppure siamo in montagna». La montagna era tirata in ballo anche discutendo della mancanza di un piano-neve: era già successo con le nevicate del dicembre 2010. La presenza costante del cinghiale nei video sparsi nel web, faceva piazza pulita di lupi, orsi, scoiattoli e aquile stampate sui marchi di parchi e riserve naturali: il simbolo degli Appennini era solo lui.
E’ materia di storici comprendere come si è prodotta una tale rimozione sia a livello nazionale e sia a livello delle stesse popolazioni montane. Io ho giusto qualche idea.
Gli italiani hanno un’immagine dell’Appennino dovuta essenzialmente al turismo estivo, alle case in multi-proprietà, ai condomini, alle piste da sci, agli alberghi in quota, alle settimane bianche. La montagna è un luogo di villeggiatura a costo contenuto, ormai. Ai villeggianti restano impressi nella mente i mirtilli, le fragole, i funghi e i tartufi ma non fanno caso a molto altro come boschi, metalli, acqua, pascoli, animali selvatici e domesticati, pietra e campi coltivati. Per non parlare degli abitanti...
Il cosiddetto marketing territoriale favorisce non solo l’afflusso di capitali dalle grosse città situate sulle coste, ma anche comportamenti, usanze e tic elaborati altrove. Dopo l’epoca della pastorizia transumante, è iniziato il lento declino degli Appennini.
Nel volgere di pochi anni nel secolo scorso – tra Rivoluzione verde e industrializzazione al Nord-Italia –, si sono svuotate numerose vallate del Meridione e dell’Italia Centrale. I montanari preferivano scendere in pianura o in città, andare al Nord o all’estero. Essi volevano semplicemente vivere in città, dove si
guadagnava di più e la vita era meno dura, per sé e per i propri familiari.
Si percepisce la montagna solo in casi eccezionali, da parte di chi ci vive e di chi ci arriva per le vacanze. Non si scrive più, si canta, si racconta o si parla della montagna. Sono scomparse le streghe, i fantasmi e i «mazzamurelli» – spiritelli marchigiani d’importazione.
L’ultima immagine recente di montagna che ho trovato su un libro, si deve a Giorgio Bocca. Il Piemonte degli anni Quaranta, nella cronaca del giornalista, era separato in due dischi – come una torta. I partigiani controllavano il «disco» superiore, mentre la pianura e le città, erano dominate dai fascisti e dai tedeschi. (1/3)

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