lunedì 15 ottobre 2012

KsLT 19

Puoi capire qualcosa degli abitanti di un posto studiando gli idoli che essi fabbricano.
Mi sono trovato a ricordare qualcuno che non c’è più, attraverso le strategie che utilizzavo nei suoi confronti, nel lavoro.
Correggevo un pugno di libri l’anno e una rivista (Site.it/Marsica – ci pubblicavo anche un disegno ogni numero). Lavoravo sulla rivista direttamente al computer mentre per i libri che non curavo direttamente, segnalavo gli errori sulle bozze di stampa. Nel caso particolare, segnavo alcuni errori con la penna rossa e altri con la matita: i primi erano da correggere mentre sui secondi si poteva sorvolare, pur essendo degli errori. Utilizzavo la matita in modo molto diplomatico per mostrare errori di tipo diverso da quelli che mi competevano. Capitava di veder attribuito un importante avvenimento agli anni Cinquanta mentre io lo ricordavo (lo collocavo) distintamente in una metà degli anni Sessanta.
Il mio lavoro seppur istituzionale e utile, non era apprezzato: l’interessato non prendeva bene i fogli che io gli rendevo «ornati» in quella maniera vistosa. Restava male che qualcuno annotasse i suoi errori d’ortografia ma soprattutto le (frequenti) lacune. Era infastidito dal fatto che una persona normale, insignificante, subordinata potesse avere da ridire sulle sue elucubrazioni. Chi ero io, da potermi permettere il lusso di criticare un personaggio investito d’autorità dai suoi compaesani? Uno che sembrava agli occhi dei fucensi una persona autorevolissima? (Per la città e il circondario anche allora, io non ero nessuno, a differenza di quella persona, che passava per molto colto).
Buona parte degli errori segnalati a matita, finivano per essere stampati, così com’essi erano stati scritti o ripresi da edizioni precedenti. (Conservo ancora dei curiosi bigliettini con le sue stravaganti raccomandazioni di tipo editoriale; il pezzo forte della collezione mi riguarda direttamente: in esso sono definito «arrogante», oltre ad altre gentilezze del genere).

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