La «progettazione
partecipata» cui oggi assistiamo, mette in ombra tale nuovo modo di osservare
il nostro ambiente e di pensare il cambiamento, ma non solo. Ogni stakeholder persegue il proprio
interesse ed è portato per questo a chiedere la luna in ogni occasione; c’è
invece bisogno di soggetti capaci almeno di mediare tra le varie posizioni, ma
i partiti politici si dileguano in casi del genere o mandano avanti altri
attori sociali. Tale metodologia progettuale copre perciò anche la mancanza
d’idee e di progetto dell’attuale ceto politico locale – anche sindacale.
Una riflessione anche sul
momento in cui siffatto progetto è stato riportato a galla. Ho ricordato la
vicenda della «torcia al plasma»; Berlusconi ha ripescato la politica del
nucleare non in un momento di crescita o di ripresa economica, bensì all’inizio
di un periodo di de-industrializzazione – con conseguente minor bisogno
d’energia elettrica. (È stato questo un elemento seppur minuscolo per vincere l’ultimo
referendum anti-nucleare, nel 2011). Alcune delle fabbriche del Fucino
attraversano un periodo infausto per crisi o chiusura: serve perciò meno acqua
(anche energia elettrica) eppure si è ripreso a proporre invasi (anche a
sistemare pannelli fotovoltaici su terreni fertili. Per non parlare degli
impianti a biomassa).
Resto a guardare. (5/5)
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