M’è capitato di citare
Mario Pomilio una sola volta, in questi quasi dieci anni di blog.
Il soggetto del post era in
realtà l’ipocrisia degli avezzanesi più che l’anarchico paternese. Mi è stato
sempre indifferente Mario a differenza di suo figlio, dotato almeno di un
notevole spessore culturale. Me lo ricordo negli anni Ottanta su Alfabeta. (L’ho anche su un numero del Cervo Volante regalatomi da un vecchio
amico: era una «rivista» per pochi intimi). È uno dei tanti nel suo ambiente ma
che svetterebbe per la sua levatura da noi: si troverebbe almeno una spanna
sopra di tutti per essere di una stoffa ben diversa da quella degli
imbrattacarte di ieri e d’oggi. (Ha fatto proliferare tale categoria le
manifestazioni per il Centenario del terremoto). Tutto ciò per quanto mi
concerne: gli altri invece?
Dovrebbe significare
qualcosa per gli avezzanesi l’uomo di Orsogna (CH) per avergli dedicato una
sorta di largo con annesso busto a cura dei Lions locali (2010). È caduto lo
scorso 3 aprile il venticinquesimo della sua scomparsa. Non si è finora mosso
il Comune né tantomeno i Lions o altri in tale occasione – né succederà –, ma è
toccato a un’associazione privata (Teatro dei Colori) pensarci allestendo uno spettacolo su un suo
testo – 18 novembre (Avezzano), domani a Napoli.
Non ha dimenticato Pomilio
Avezzano, non l’ha proprio mai filato. Se ne continuerà a parlare giusto per
sentito dire o in situazioni utili più alla réclame
di chi organizza e di chi partecipa che non alla sua opera. (Lo slargo e il busto di
cinque anni fa: cui prodest?).
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