Riprendiamo; inizio con un’errata corrige. Avevo scritto
nell’ultimo post: «Un appartamento (Ater) abbandonato da anni è occupato da
estranei, una settimana fa». Mi ha però schiarito le idee, un servizio su Mattino5 del 22 marzo; lo trovate anche
qua:
La vicenda è perciò iniziata
il 6 o l’8 marzo, secondo i gusti mentre se n’è avuta notizia una decina di
giorni dopo (18). È poi iniziato il tour dei politicanti a caccia di foto
con loro al centro: fanno dopotutto il loro mestiere.
È tutto partito dalle nostre parti con una banale
notizia montata ad arte – ma non solo –, come in altre occasioni negli ultimi
anni. (Luigi Salucci riportava a giochi fatti: «ad Avezzano ci sono tra le due
e le trecento case occupate abusivamente», Blitz
di Matteo Salvini ad Avezzano: «Sulla casa popolare occupata il vostro sindaco
dormiva, tenetelo sveglio», in «AvezzanoInforma 23 marzo 2016). L’obiettivo
principale era probabilmente raggiungere la cronaca nazionale. (‘e vedere di nascosto l’effetto che fa’).
Missione compiuta ancora una volta; obiettivo raggiunto con un invidiabile
sprezzo del ridicolo. Abbiamo però anche scoperto che la vicenda avezzanese è
da considerare almeno rose e fiori in campo nazionale, rispetto a numerose
città italiane con una maggiore tensione abitativa. Si può solo chiedere
riferendoci ad Avezzano, dopo il servizio sulla rete Mediaset: «Tutto qua?». (Succede
tutto ciò non da ieri o dall’anno scorso ma da decenni). Allora?
Osserviamo pure l’effetto
che fa, ma registriamo ciò che è stato prodotto dalle nostre parti. (Proprio
tutto). Sono venuti a mostrarci uno spettacolino marziale dalla costa abruzzese
e dire che noi confondiamo spesso e volentieri le etnie di quei centri definendo
i residenti abitualmente, con una punta di cattiveria: «zengari». Scrivono dal capoluogo di regione, che certo non la passa
bene tra scandali, inchieste giudiziarie e infiltrazioni malavitose legate alla
ricostruzione post-terremoto: «Avezzano, il diritto è finito nella polvere», in
«InAbruzzo» 21 marzo 2016. Abbiamo perfino accettato una – peraltro inutile – lezione
di legalità dai lumbard, come se gli
avezzanesi avessero rimosso o dimenticato le ruberie avvenute in quella regione
dal 1992 fino a oggi. (Glisso su Celano per cavalleria: noi siamo quasi quattro
volte tanto).
Si continua a non discutere di tale argomento in città
e comprensibilmente, dopo i due macelli avvenuti a Bruxelles nei giorni scorsi.
(«Un geste, tout d’abord. S’incliner
devant les victimes. Partager la douleur des familles», Francis Van de Woestyne su Libé).
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