giovedì 24 marzo 2016

Apocalypsis cum figuris

Riprendiamo; inizio con un’errata corrige. Avevo scritto nell’ultimo post: «Un appartamento (Ater) abbandonato da anni è occupato da estranei, una settimana fa». Mi ha però schiarito le idee, un servizio su Mattino5 del 22 marzo; lo trovate anche qua:
La vicenda è perciò iniziata il 6 o l’8 marzo, secondo i gusti mentre se n’è avuta notizia una decina di giorni dopo (18). È poi iniziato il tour dei politicanti a caccia di foto con loro al centro: fanno dopotutto il loro mestiere.
È tutto partito dalle nostre parti con una banale notizia montata ad arte – ma non solo –, come in altre occasioni negli ultimi anni. (Luigi Salucci riportava a giochi fatti: «ad Avezzano ci sono tra le due e le trecento case occupate abusivamente», Blitz di Matteo Salvini ad Avezzano: «Sulla casa popolare occupata il vostro sindaco dormiva, tenetelo sveglio», in «AvezzanoInforma 23 marzo 2016). L’obiettivo principale era probabilmente raggiungere la cronaca nazionale. (‘e vedere di nascosto l’effetto che fa’). Missione compiuta ancora una volta; obiettivo raggiunto con un invidiabile sprezzo del ridicolo. Abbiamo però anche scoperto che la vicenda avezzanese è da considerare almeno rose e fiori in campo nazionale, rispetto a numerose città italiane con una maggiore tensione abitativa. Si può solo chiedere riferendoci ad Avezzano, dopo il servizio sulla rete Mediaset: «Tutto qua?». (Succede tutto ciò non da ieri o dall’anno scorso ma da decenni). Allora?
Osserviamo pure l’effetto che fa, ma registriamo ciò che è stato prodotto dalle nostre parti. (Proprio tutto). Sono venuti a mostrarci uno spettacolino marziale dalla costa abruzzese e dire che noi confondiamo spesso e volentieri le etnie di quei centri definendo i residenti abitualmente, con una punta di cattiveria: «zengari». Scrivono dal capoluogo di regione, che certo non la passa bene tra scandali, inchieste giudiziarie e infiltrazioni malavitose legate alla ricostruzione post-terremoto: «Avezzano, il diritto è finito nella polvere», in «InAbruzzo» 21 marzo 2016. Abbiamo perfino accettato una – peraltro inutile – lezione di legalità dai lumbard, come se gli avezzanesi avessero rimosso o dimenticato le ruberie avvenute in quella regione dal 1992 fino a oggi. (Glisso su Celano per cavalleria: noi siamo quasi quattro volte tanto).

Si continua a non discutere di tale argomento in città e comprensibilmente, dopo i due macelli avvenuti a Bruxelles nei giorni scorsi. («Un geste, tout d’abord. S’incliner devant les victimes. Partager la douleur des familles», Francis Van de Woestyne su Libé).

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