Ho inviato
una lettera a una testata per conto di Cmsm nei giorni passati. È stato preso
un brano da un pezzo (L. Novorio, Lettera
a Mario Spallone, in «Site» 14 marzo 2019) e sono state aggiunte delle
osservazioni; l’avrete già letta probabilmente (“Mobilità
sostenibile marsicana” sulla “Lettera a Mario Spallone”, in «Site» 15 marzo 2019).
Era questo
il nostro punto di partenza: «in quasi tutta Avezzano sono state collocate,
all’inizio dell’inverno, le piste ciclabili. Avezzano come Bologna. […] Utili
per il passeggio delle mamme con le carrozzine, per gli amici stranieri che
tornano dal lavoro, per alcuni sporadici sportivi, meno per le persone che
cadendo riportano gravi lesioni, per le macchine che, per evitare un improvviso
ostacolo, salgono sul cordolo danneggiando la vettura».
Se n’è
parlato per ciò che più c’interessava; io proseguo su quella linea: Spallone e
l’isola pedonale, Spallone e le piste ciclabili. (Parliamo appunto di mobilità, noi). Voglio solo aggiungere,
da parte mia, che la «lettera» inviata da Luisa Novorio a Spallone anziché
decantare le presunte qualità del defunto
(1917-2013), sembra prenderla con
l’attuale sindaco, nato nel 1966. (La metà della cosiddetta missiva è, a
contare le righe, dedicata ai sindaci – senza mai nominarli – avvicendatisi
dopo Spallone, in particolare Gabriele De Angelis. Mi chiedo: è sicuro che il
medico di Lecce nei Marsi non c’entri proprio niente, con il «dirottamento del
commercio verso l’esterno della città»?).
Orbene,
Mario Spallone è stato sindaco d’Avezzano nel periodo 1993-2002. Nei suoi due mandati non è stato istituito nemmeno un
metro quadrato d’isola pedonale – la prima del genere risale al 1953. (Non fu istituita in quel
decennio, ad Avezzano nonostante le richieste. Quella esistente dal 2018, una
cinquantina di metri, fa parte del restyling
di piazza Risorgimento). Vale lo stesso discorso per le piste ciclabili, esse sono
spuntate negli anni Settanta del
secolo scorso mentre gli avezzanesi hanno dovuto attendere Floris2 (2007-12),
perché l’illustre memorato non ci ha lasciato nemmeno dieci metri di quel tipo
di tracciato. (È ordinario provincialismo
– se non di peggio –, fin qui: inventano un tema edilizio o architettonico in
una città e questo si diffonde per tutto il continente, tutto ciò da secoli in
Europa).
È bene
ricordare, ancora sotto Spallone, la riduzione della larghezza dei marciapiedi
– hanno un valore storico quelli d’Avezzano – nel Quadrilatero, che ha prevedibilmente
condotto alla situazione di congestione che ben conosciamo. Se attrai altre
automobili in un posto, devi poi garantire che queste possano circolare a una
velocità accettabile se non uguale alla precedente. (Negli anni Novanta, tra
l’altro, si nota già l’allontanamento di abitanti, artigiani, commercianti e
liberi professionisti dal centro). Non ebbe pubblici ripensamenti su quell’operazione
nonostante lo studio preliminare del Pgtu
(2002-03): le strade del centro, per
la loro larghezza, non possono contenere grosse quantità di traffico. (In fine).
Ho già raccontato in altre occasioni l’impatto sulle abitudini dei vecchi
frequentatori di piazza G. Matteotti, dopo la trasformazione di quel posto in
un’estesa aiuola spartitraffico che
ha prodotto l’aumento della velocità nei mezzi motorizzati in circolazione –
con quello che ne è conseguito. (Tale trasformazione, più che «revotecàre» la città, ha allontanato gli
avezzanesi da quel posto; ne hanno approfittato i residenti stranieri per
occupare quello spazio).
Si tratta
di una storia di provincia, forse paesana; l’agglomerato urbano, insieme al
mondo che lo circonda, è ancora cambiato dopo gli anni Novanta.
C’è John
Coltrane Church negli Stati Uniti mentre a Mario Spallone non è stato finora
dedicato nemmeno uno strapuntino di questa città; bisognerebbe almeno chiedersi
il perché.
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