Riprendo
la vicenda Urban Center. Nelle grosse città, una simile iniziativa è sorretta
in buona parte dal dibattito che già c’è
sul luogo dove si vive. Si parla di città nei partiti – uno o due per carità –,
nelle associazioni e nei gruppi spontanei di quartiere. Le città sono
analizzate con cura anche dove esiste una facoltà d’architettura – talvolta
anche d’ingegneria. Succede anche che è chiamata gente da fuori per contribuire
al dibattito locale. In Italia, il posto dove più si discute è Milano eppure essa
è più piccola di Napoli e ha meno della metà degli abitanti di Roma.
È diverso
da noi perché né partiti, sindacati o associazioni di categoria trattano di
questioni riguardanti la città. Più
che discutere, ad Avezzano ci si lamenta, si rivendica, si lanciano dei diktat, in mancanza di una qual si vuole
linea politica. È anche difficile
trovare i protagonisti di una
discussione perché lo sfascio della città, non si deve solo a una classe
politica da operetta – come vuole una narrazione recente – ma anche a chi si è
fatto beffe delle leggi e dei regolamenti. E sono tanti.
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