venerdì 12 luglio 2019

Pornografia applicata

Mi hanno fatto notare diversi commenti apparsi su Facebook riguardanti il mio post dello scorso 7 luglio. Era già uscito nel week end per Il Martello del Fucino, poi è stato pubblicato anche su Site (8 luglio). Che dire? Vi è stato chi l’ha compreso bene e chi invece, per niente: la divisione è stata stranamente nettissima. Più di uno ha pescato una delle 594 parole e ci ha malamente improvvisato sopra; non è invece un problema se un mio giudizio su una questione è diverso da quello di un altro. Spiego La città dei gamberi – questo il titolo nell’edizione cartacea –, anche se chi mi legge qua, l’ha sicuramente capito.
Il mio punto di partenza è un’esperienza personale – sono un blogger non un pubblicista o un giornalista. Ho raccontato due ambienti distanti centinaia di chilometri, scendo in dettaglio.
Milano è trenta volte Avezzano, il suo tasso di disoccupazione è più basso almeno di una dozzina di punti rispetto al nostro, la sua popolazione cresce di un terzo durante la giornata lavorativa a differenza del capoluogo marsicano, dove rimane costante. (Sono solo dati quantitativi?). Vado avanti.
C’è stato lo stesso baccano registrato da noi all’apertura di Ipercoop, nel leggere l’annuncio del primo McDonald’s nel capoluogo meneghino? Certo che no: da quelle parti non si attacca mai la gente che lavora, per principio. Al milanese medio interesserebbe sicuramente meno dell’avezzanese di Eventi Estate 2019, come pure quella dell’anno precedente perché uno va a teatro, al cinema, alle mostre o ai concerti secondo i propri gusti. (Ognuno se la cava per conto proprio in generale, oltre il Po. È questa la principale differenza con la mentalità meridionale). Avversione alle piste ciclabili come ad Avezzano? No, perché molti sono abituati a utilizzare i trasporti pubblici; l’automobile è considerata un mezzo per spostarsi, non uno status symbol come da noi e in altre zone economicamente depresse. (Oltre trent’anni fa, nella Pianura padana, si aveva anche coscienza che gli scarichi delle automobili erano pericolosi per la salute, ad Avezzano ci vorrà ancora qualche lustro per rendersene conto). Nella «Milano da bere» – quella delle modelle, dei pubblicitari e delle boutique per intendersi –, la gente comune si rammaricava per la fabbrichetta con sette, otto operai che chiudeva i battenti: stipendi in meno, macchinari a prendere la polvere, capannone deserto. La nostra principale testata regionale ha pubblicato, invece, dei «necrologi» riferiti a negozi che chiudevano o si allontanavano dal centro-centro, per qualche anno. Nella città spinta sulla ribalta nazionale dall’affermazione del gruppo Fininvest, le persone con cui discutevo, decantavano il grosso intervento edilizio di Edilnord a Segrate (Milano 2) più che Drive In.
In questi ultimi trent’anni, si è messo un paio di volte le mani a Stazione Centrale; nello stesso periodo la stazione d’Avezzano è rimasta com’era anzi... Una grande città ha un bisogno di rappezzarsi, restaurarsi, rinnovarsi che è molto diverso da una piccola – in diversi, si sono arrabbiati per il taglio di alcuni alberi malati in piazza A. Torlonia, anni fa.
Riprendo la vicenda Tangentopoli: a me interessa che una città funzioni, stia al passo con i tempi. Io non mi curo minimamente se un sindaco, una volta adempiute (bene) le sue funzioni, procura anche un lavoro all’amante, briga per far vincere un appalto alla cooperativa che gli ha procurato duecento voti, non paga i contributi alla colf (filippina), sniffa coca o si veste da donna.

p.s. Non mi curo delle carinerie nei miei confronti e delle offese (poi cancellate) su Facebook: che cuociano nel loro brodo.

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