È stata
per me un’esperienza fondamentale l’anno e mezzo trascorso a Milano, parlando
di pubblica amministrazione. Alle persone interessava essenzialmente che
funzionassero i mezzi pubblici, che il servizio di nettezza urbana fosse
efficiente; ai miei coetanei interessava anche la distanza con l’asilo o il
nido d’infanzia. Funzionava tutto. Scoppiò Tangentopoli alcuni anni dopo e i
milanesi, scoprirono che i loro rappresentanti – che facevano filare senza
intoppi una metropoli raggiunta ogni giorno da 400mila pendolari – erano anche dei corrotti e talvolta di peggio.
Destò la mia attenzione in quel periodo, una sorta di distacco nei giudizi: i
miei interlocutori di allora trovavano dei tratti positivi anche in persone e
partiti che non avrebbero mai votato. (Giunse l’Ottantanove prima di
Tangentopoli).
Vengo alla
situazione nel capoluogo marsicano. Gabriele De Angelis è stato eletto sindaco
dopo una campagna elettorale appassionante, vissuta fino all’ultimo minuto – a
differenza del principale avversario. Raccontai di due colpi nel giro di una
settimana all’immagine di «civico» con cui si era presentato agli avezzanesi:
l’endorsement di Silvio Berlusconi e
la presenza di Mara Carfagna (Forza Italia) nel comizio conclusivo della
campagna elettorale. Il rapporto con quel partito è consolidato dalla
successiva adesione. Sarà probabilmente utile a De Angelis quella tessera
mentre avrà giovato sicuramente agli avezzanesi in caso di bisogno presso la
Regione o il Parlamento. (Dove si presenta da
solo un sindaco «civico», che si esprime correttamente nel dialetto locale
a L’Aquila o a Roma?).
Io ho
apprezzato, mi hanno fatto ben sperare sia gli undici anni di differenza con il
sindaco, sia la giovane età di alcuni assessori in giunta. Le due principali
alleanze elettorali hanno preso a disgregarsi una volta risolta la questione
«anatra zoppa». «De Angelis ha fatto la spesa tra i banchi dell’opposizione»,
nasconde più che mostrare. Si è sempre in
due in casi del genere e poi: che ne pensano gli elettori dei fedifraghi?
(Siamo in piena retorica populista, in cui i politici sono invariabilmente una
masnada di mascalzoni mentre gli elettori degli esempi di purezza). Inoltre, De
Angelis aveva promesso di dimettersi nel caso di una sentenza sfavorevole ma
poi, non ha mantenuto. La mia domanda è: quanti tra i suoi accusatori –
numerosi –, possono rimproverargli, con una certa tranquillità, di essere stato
incoerente? A proposito: è stato contemporaneamente accusato di tornare
indietro nelle sue decisioni e di non prestare «ascolto» ai cittadini. La
seconda richiama il «decisionismo» attribuito a Mario Spallone, un sindaco che
– nel bene, nel male – dette una scossa alla città.
Si è
registrato un lungo periodo di crisi fino alla vittoria buttata alle ortiche,
dopo due anni; bisogna aggiungere i dodici mesi di paralisi amministrativa: un
capolavoro di politica! I motivi della «caduta» di De Angelis? Li cito di
seguito; vi è lo spostamento del mercato settimanale, la pista ciclabile, il periodo dell’anno in cui svolgere un
lavoro pubblico e addirittura un semaforo: ancora dell’alta politica. Sono
proprio questi, i problemi cruciali d’Avezzano? Vivono di tutto questo, gli
avezzanesi?
L’ex
sindaco ha ammodernato una città
imbalsamata da decenni: non ci voleva molto. Sarà De Angelis il candidato da
battere alle prossime Amministrative, non ne vedo altri in circolazione. La sua
fragilità deriverà – com’è già successo – nel ritrovarsi tra i piedi alcuni
vecchi arnesi della politica, collettori di voti, voltagabbana, faccendieri e
questuanti: tutte figure finora imprescindibili per una qualsiasi vittoria, ad
Avezzano.
Nel
referendum che portò alla nascita della nostra repubblica democratica (1946),
la maggioranza degli avezzanesi (63,9%) votò per tornare al più rassicurante
passato rappresentato dalla monarchia – per la loro vocazione a essere dei
sudditi più che diventare finalmente, dei cittadini. (Il Martello del Fucino, 5 2019)
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