Un pezzo
che mi tira in ballo così finisce: «Tutto iniziò con i briganti» – F.M.
Botticchio, Revisionismi più paesani che
internazionali in tema di stori(ografi)a contemporanea, in «Site» 9 maggio
2019. Il riferimento è a una cartella firmata a mio (cog)nome: Quadricromie di briganti, 1991. Si
trattava in realtà di un’operazione a tre, come ricorda il pezzo citato; fu la
prima uscita di Aleph editrice. Essa fu presentata a Pescina nell’anno seguente
e una sua immagine apparve, nel 1993, su Annual
Illustratori 2. (È bene precisare che non si trattava solo delle mie
illustrazioni).
Una
considerazione comune, durante la gestazione dell’opera, fu che non esistevano storici che si fossero interessati alle
vicende della Marsica. Parteciparono alla presentazione, nel 1992, Raffaella
Evandro e Raffaele Colapietra. La prima curò una brillante, appassionata
presentazione (io realizzai degli altri pezzi per quell’occasione), mentre il
secondo parlò di brigantaggio meridionale. La cartella «non aveva pretese
storiografiche ma artistiche», ma nella scelta di uno dei relatori gli altri
due si orientarono verso uno storico
o qualcuno che insegnava una simile materia all’università.
«Tutto
iniziò con i briganti» ma in parte e forse solo da noi. L’Italia aveva già
assistito alla diffusione (di massa) del folk
revival negli anni Settanta. (Cito per questioni sentimentali: Stormy Six, L’unità, 1972). Fu prodotta anche in
quella temperie una lettura romantica del brigantaggio meridionale, quella del
brigante-gentiluomo certo diversa dalla lettura storica del fenomeno che
descrive simili personaggi dediti prevalentemente a «omicidi grassazioni
ricatti e gesta di passo». I partiti regionalisti e localisti diedero impulso
agli storici di paese e agli imbrattacarte locali per fabbricare identità
fasulle, negli anni Novanta; il fenomeno si è accentuato in questi anni Dieci
per via di formazioni definibili identitariste.
La notevole
diffusione di Quadricromie di briganti
suggerì probabilmente una via da imboccare a diversi personaggi in cerca di
visibilità presso i paesani, con il pretesto della storia. È inutile dire che
non mi ha mai interessato questo genere di produzione anche se, di quando in
quando, prendo di mira qualche paginata di fanta-storia che appare nel web.
Resto dell’idea che la storiografia sia
materia per storici. A quasi ventotto
anni da quella pubblicazione e dal nostro auspicio che qualche storico,
accademico mettesse mano alle vicende del nostro territorio, è rimasto tutto
simile se non uguale.
Le considerazioni di Peppe sono, come quasi sempre, ineccepibili… ma in questo caso veramente tutto iniziò con (la rivalutazione de) i briganti, fenomeno che è cosa diversa, per quanto contigua, dal folclore locale (che nello stesso torno di tempo andava definitivamente estinguendosi sotto i colpi della normalizzazione degli ipermercati e della televisione commerciale: ora è in voga la parodia del folclore)
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