Come si vede qualsiasi
intervento sull’ambiente, pone dei problemi e dei legittimi dubbi di varia
natura e non sempre facili da risolvere. Dubbi e interrogazioni sulle quali si
è soliti sorvolare, poiché […] le valutazioni relative ad analoghi piani di
sviluppo, il più delle volte [sono] fatte sull’analisi dei costi-benefici fondamentalmente connessi agli elementi
tecnico-progettuali e a modelli di sviluppo legati a interessi parziali, molto
spesso inquinati da altri interessi poco chiari (basti pensare alla mole di denaro
pubblico che si riverserebbe sulla zona nella fase di realizzazione
dell’opera).
Invece, noi crediamo, non
tener conto delle altre implicazioni vuol dire soltanto fare una valutazione
incompleta nella stesura del bilancio preventivo, sottovalutando gli effetti e
le conseguenze nel breve e nel lungo
termine. Conseguenze che naturalmente si tramuteranno in nuovi interventi e quindi in nuovi investimenti per ridurre e
minimizzare gli scompensi arrecati.
E purtroppo quando si
tratta di nuovi investimenti più di uno, drizza le antenne, anche se questi
sono del tutto irrazionali. Altrimenti come si fa a tenere alto il disavanzo
della spesa pubblica? La questione non è, per noi, opporsi in maniera acritica
a qualsiasi piano di sviluppo per zone potenzialmente adatte, ma per ora
stagnanti economicamente, imponendo un «non sviluppo», né negare la possibilità
di opere con forte impatto ambientale e utilizzo di risorse naturali ma di
valutare con la massima correttezza e con l’elasticità necessaria tutte le
altre possibilità proponibili, soprattutto se meno onerose e di minor impatto. (4/7)
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