sabato 25 gennaio 2014

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Va presa per quello che è la vicenda del documento Asr: bisogna conoscere i motivi della mancata diffusione per farsi un’idea sulla validità dello studio. (Non ce li diranno mai).
Del documento (Analisi della prevalenza dei tumori nei Comuni della Regione Abruzzo – anno 2006-2011), mi hanno colpito alcune reazioni da noi. Coda di paglia, complottismo, negazionismo. (La storia è partita da Avezzano, potendo interessare).
Io penso alla sostanza potenzialmente cancerogena e all’ambiente in cui si vive, molto più del malato o del morto di cancro: essi sono solo alcuni degli esiti possibili. Bisogna evitare che le (purtroppo innumerevoli) sostanze tossiche entrino in contatto con l’aria, l’acqua e il suolo. Non è semplice. Vanno risanate le situazioni a rischio, senza aspettare che ci scappa il morto (decine in genere) o peggio, che si compromette in modo irreparabile una falda acquifera. Punto.
Che succede nella vita di tutti i giorni? I Noe scoprono dei fusti tossici in aperta campagna appena interrati. In genere ci si adopera per eliminarli immediatamente: non si aspetta certo x anni per far sfondare i contenitori, y anni per fare arrivare il percolato alla falda e z anni in attesa che qualche decina di persone muoia di tumore e sequestrato qualche camion di verdura. (Si suole invece aspettare anche k anni dalle nostre parti, in attesa di uno studio epidemiologico “attendibile”, che attesti la relazione diretta tra i tumori e i fusti trovati dai carabinieri 25-30 anni prima…).
Sappiamo da anni che nel comune d’Avezzano c’è una delle maggiori bombe ecologiche della Penisola (ex-zuccherificio). L’hanno segnalato «da fuori», anche in questo caso.
(Questioni del genere riguardano i biologi più che gli oncologi, a dirla tutta). Ce li meritiamo cum laude e bacio accademico, gli inceneritori!

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