Va presa per quello che è
la vicenda del documento Asr: bisogna conoscere i motivi della mancata
diffusione per farsi un’idea sulla validità dello studio. (Non ce li diranno
mai).
Del documento (Analisi della prevalenza dei tumori nei
Comuni della Regione Abruzzo – anno 2006-2011), mi hanno colpito alcune
reazioni da noi. Coda di paglia, complottismo, negazionismo. (La storia è
partita da Avezzano, potendo interessare).
Io penso alla sostanza potenzialmente cancerogena e all’ambiente in cui si vive, molto più del
malato o del morto di cancro: essi sono solo alcuni degli esiti possibili. Bisogna
evitare che le (purtroppo innumerevoli) sostanze tossiche entrino in contatto
con l’aria, l’acqua e il suolo. Non è semplice. Vanno risanate le situazioni a
rischio, senza aspettare che ci scappa il morto (decine in genere) o peggio,
che si compromette in modo irreparabile una falda acquifera. Punto.
Che succede nella vita di
tutti i giorni? I Noe scoprono dei fusti tossici in aperta campagna appena
interrati. In genere ci si adopera per eliminarli immediatamente: non si
aspetta certo x anni per far sfondare
i contenitori, y anni per fare
arrivare il percolato alla falda e z
anni in attesa che qualche decina di persone muoia di tumore e sequestrato qualche
camion di verdura. (Si suole invece aspettare anche k anni dalle nostre parti, in attesa di uno studio epidemiologico
“attendibile”, che attesti la relazione diretta tra i tumori e i fusti trovati
dai carabinieri 25-30 anni prima…).
Sappiamo da anni che nel
comune d’Avezzano c’è una delle maggiori bombe ecologiche della Penisola
(ex-zuccherificio). L’hanno segnalato «da fuori», anche in questo caso.
(Questioni del genere
riguardano i biologi più che gli oncologi, a dirla tutta). Ce li meritiamo cum laude e bacio accademico, gli
inceneritori!
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