Nella lettura – anche nello
scriverne – bisogna evitar di pensare all’autorevole estensore del testo
altrimenti ci si pianta subito e mi ha aiutato in tal senso un’immagine che
conservo nella memoria: Bob Dylan che, al termine di una breve esibizione,
stringe la mano a papa Wojtyla – o viceversa. Prendo perciò come un invito, le
intenzioni manifestate nella premessa: «entrare in dialogo con tutti riguardo alla
nostra casa comune» (§ 3).
Il rischio principale –
almeno per me –, è la scarsa dimestichezza con il linguaggio e i rituali delle
gerarchie ecclesiastiche. Ho l’impressione che il volume cominci in un modo e
finisca in un altro; all’inizio mi sono annoiato – viste alcune ingenuità –,
poi si è stabilizzato un clima d’attesa e dal quarto capitolo, il libro prende
quota, si scrollano di dosso le citazioni anacronistiche infilate nella
premessa e inizia a spuntar fuori delle parti illuminanti. Un esempio. Si legge,
nella premessa: «“il libro della natura è uno e indivisibile” [papa Ratzinger]
e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni
sociali» (§ 6); più avanti: «la vita e il mondo sono dinamici, la cura del
mondo dev’essere flessibile e dinamica» (IV, II, § 144).
La sensazione dominante è
lo spiazzamento. Meraviglia me – immagino anche e almeno un qualsiasi
occidentale – leggere di un mondo diviso in ricchi e poveri. «Il ricco e il
povero hanno uguale dignità, perché “il Signore ha creato l’uno e l’altro” (Pr 22,2) “egli ha creato il piccolo e il
grande” (Sap 6,7)», (II, VI § 94). In
parole povere: la middle class è un
accidente della storia? Come farla scomparire dalla faccia della Terra:
rendendo povera la classe media o facendola arricchire in qualche modo? (Non è
così semplice in realtà, ma bisogna proseguire nella lettura per accorgersene).
Spicca anche la mancanza di
nomi. («Democrazia è un’altra parola che non compare nell’enciclica», osservava
Paolo Cacciari). D’altra parte: «alcuni ancora difendono le teorie della
“ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita
dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e
inclusione sociale nel mondo», nel precedente Evangelii Gaudium II, I, 54 (2013). Proseguiva: «Tale squilibrio
procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la
speculazione finanziaria. Perciò negano il diritto di controllo degli Stati,
incaricati di vigilare per la tutela del bene comune», II, I, 56. Con tutto il
rispetto: ci voleva tanto a scrivere «liberismo»? Infastidisce all’inizio pure il
termine ricorrente «uomo»: una petroliera che sversa tonnellate di petrolio in
mare, ha un capitano, un armatore e un committente con nome e cognome; poi ti accorgi
che se non è giusto scrivere così, non è nemmeno sbagliato.
Mi è quasi venuta
l’orticaria nel non trovare accenni alla storia antica e recente o almeno all’esperienza
di Homo sapiens ma alla fine, mi sono
accorto che non era così importante nella prospettiva indicata. (2/4)
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