Scrivo qualche riflessione
sulle questioni romane, evitando di affrontare le beghe tra partiti.
Ho passato un anno e mezzo
a Milano, nella seconda metà degli anni Ottanta. Funzionava tutto a meraviglia eppure
la città era marcia fin nel midollo, come fu poi scoperto quattro-cinque anni
dopo dalla magistratura (Tangentopoli). Un amico consigliò di scorciare pesantemente
il programma elettorale di un candidato sindaco in un paese che non raggiungeva
settecento abitanti, una ventina d’anni fa. L’unica necessità dei paesani –
affermava sicuro – era di avere la strada principale pulita nei tre-quattro
giorni di neve l’anno. Non di più.
È cambiato molto nel
frattempo.
I Comuni appaltano ormai quasi
tutto, rinunciando oltre al controllo sui lavori, anche a qualsiasi politica. Evitano
anche esprimere dei giudizi sull’opera di persone, municipalizzate, cooperative,
multinazionali che lavorano per la collettività. Subappalta in parte, chi
prende il lavoro; il subappaltatore assume qualcun altro in nero, a sua volta.
Il sistema tende perciò almeno alla fragilità ma ci si accorge di ciò solo
nelle emergenze: non si conosce il nome di chi si occupa normalmente della zona
in cui intervenire con celerità. Nessuno controlla la qualità delle prestazioni,
in tale catena. (Gli appalti sono rinnovati alle stesse persone in modo quasi
automatico). Va in questo modo l’Italia, in generale.
Un comune cittadino che ha
un lavoro non ha bisogno di molto da parte dello Stato: trasporti funzionanti,
raccolta dei rifiuti efficiente, code brevi nella sanità e poco altro. Non interessa
il Mondiale di ping pong, la visita del presidente della superpotenza, il
concerto del celebre tenore nella propria città.
L’ex-sindaco di Roma è
caduto per non aver rattoppato le buche della Capitale, in fondo.
Caro Giuseppe, non credo proprio, e penso non lo creda neanche tu, che Marino sia caduto per non aver rattoppato le buche. Appalti e subappalti, come descrivi nel tuo scritto, possono essere i veri motivi; cioè la loro gestione e messa in discussione etc, etc...; basti pensare ai camioncini dei panini al Colosseo ed agli interessi che ci stavano dietro (chi l'avrebbe detto?). E poi la scarsa sintonia con lo Stato Estero sito all'interno della nostra Capitale. E poi la poca sintonia con l'ex-sindaco di Firenze, il non eletto a funzioni di parlamentare (e di governo aggiungo io). E' questione di squadre, di cordate: quindi di amici ed amici degli amici. Allora: perché non dare fiducia a coloro che si presentano senza antiche appartenze e che, privi di esperienza partitica saranno pure privi di appetiti legati ad amicizie di cordata?
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RispondiEliminaSono d'accordo con te, volevo solo dire che amministrare una città non è poi così difficile come sembra. E' utile da parte di un sindaco – agli occhi dei cittadini – pensare a questioni come la nettezza urbana o la mobilità, più che imbarcarsi in Grandi eventi di sorta che portano probabilmente lustro all'idea di una città, ma che hanno scarsa rilevanza per chi ci vive.
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