domenica 29 novembre 2015

Friends


Lo storico avezzanese mi stava accompagnando a casa dopo una cena tra amici e aveva usato in maniera superficiale il termine gentrification a proposito del nostro centro. Io ho ribattuto che non esisteva da noi una situazione simile e che anzi, quella zona presentava addirittura dei tratti di proletarizzazione.
Ne eravamo di meno nel Quadrilatero, da quando lui aveva lasciato Avezzano oltre vent’anni fa. Una parte della classe media si era trasferita in periferia, lasciando in affitto il vecchio appartamento a un certo tipo d’immigrati dell’Est, che trovano conveniente quella posizione. Gli stessi bar e locali che ci scorrevano ai lati si rivolgevano a persone che vogliono passare una serata piacevole con poca spesa, più che ai riccastri. Oviesse, aveva chiuso i battenti da qualche ora per trasferirsi in una specie di shopping center lungo la Tiburtina Valeria, dove pensava di realizzare migliori affari.
Riassumendo. Una persona di una certa cultura che abita in una città più estesa della nostra, pensa, si orienta in quel modo quando tratta di un qualsiasi agglomerato: il centro storico ristrutturato in buona parte e i vecchi abitanti espulsi, alcuni edifici e spazi pubblici che divengono privati. È successo questo in realtà nelle metropoli del Nord-America ed europee, dagli anni Ottanta; tale processo ha subito un’accelerazione dopo la crisi economica del 2007. È questa la tendenza. (Una parentesi). Negli Stati Uniti succede che una società investe in uno stabile per ristrutturarlo e poi rivenderlo o affittarlo per singoli appartamenti, uffici e negozi. I nuovi abitanti saranno più danarosi dei precedenti e lieviterà anche il valore degli immobili vicini. In Italia e da noi in particolare si assiste al proprietario che chiede l’aumento dell’affitto e basta: a lui interessa relativamente un rifiuto. I negozi sfitti si devono in buona parte a questo; noi abbiamo registrato addirittura la tentata vendita di un complesso scolastico al centro (Corradini-Fermi) da parte del Comune. Ho raccontato perciò una sorta di declinazione locale di quel fenomeno. Immagino che la gentrification sia un problema agli occhi di un urbanista, un antropologo o un sociologo. (Farebbe bene a preoccuparsene anche un comune citoyen).
Avrebbe detto cosa al mio posto, l’avezzanese medio? Egli avrebbe attinto dal repertorio spacciato dai mass media locali sull’argomento derivante dai comunicati delle associazioni dei commercianti. Niente da eccepire sull’innalzamento dell’età media dei residenti e soprattutto sul ricambio degli stessi: gli immigrati non sono considerati come persone. (Sia loro e sia gli immobiliaristi non vedono o s’interessano alla città né tantomeno a chi ci vive). Gli avrebbe perciò raccontato di un centro «storico» moribondo per via delle saracinesche abbassate. I negozi intorno alla piazza principale chiudono per via dell’anello a senso unico – che non c’è più –, di qualche ora di area pedonale nei giorni festivi, delle tasse comunali eccessive, e dell’apertura di Ipercoop – non considerano gli altri centri commerciali.

Nessun commento:

Posta un commento