Non ci voleva molto a scrivere il post
precedente, in realtà. Riprendo oggi quello che ho pubblicato sullo spostamento
del mercato settimanale e lo applico all’ideologia sovrastante secondo cui, le
recenti trasformazioni al centro (1500 metri di pista ciclabile più altri cinquanta chiusi al traffico
motorizzato) hanno almeno danneggiato il comparto del commercio.
Applico alla lettera tale ideologia, per
‘vedere di nascosto l’effetto che fa’. Scrivo perciò questo: volendo fare in ogni modo un affare acquistando un video-registratore, un pigiama o una
confezione di kiwi, devo rivolgermi al sindaco, a uno studio tecnico o al WWF.
Mi diranno gli avezzanesi – tutti, con aria di compatimento, privatamente – che mi trovo sulla buona
strada per la follia trattandosi di figure che svolgono attività ben diverse,
lontane dal commercio. (Un chilo di mele, tra l’altro lo trovo dal
fruttivendolo o in un supermercato con il reparto alimentare, non certo dal ferramenta).
Tutto qua.
Tale ideologia fabbricata da soggetti
di diverso genere, diffusa dai mass media
locali almeno nell’ultimo decennio sminuisce quando non nega realtà come: 1) l’alto numero dei negozi in città – soprattutto
la loro distribuzione nell’agglomerato, 2)
alcuni shopping center lungo la
Tiburtina Valeria, 3) un buon 5% degli
acquisti via e-commerce. (In maniera
particolare la prima e chissà perché – si fa tanto per dire).
Chi ha un esercizio nel Quadrilatero o dentro
il perimetro del capoluogo, sa che deve reggere la concorrenza di chi svolge
altrove lo stesso mestiere. (Generalmente
succede così, non da ieri: fa parte del lavoro del commerciante; sono pochi in
realtà, quelli che piagnucolano)
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