Sono stato rimbrottato
sabato scorso per non aver detto la mia sullo scontro tra Antonio Morgante
(Regione Abruzzo) e Patrizia Petricola (Comune d’Avezzano) circa la revoca dei
tre «campus» decisi dalla passata Amministrazione.
La (costosa) trovata dei
cosiddetti campus scolastici era propedeutica a più di un’operazione di tipo
speculativo e si giovava grandemente del clima di paura tenuto in piedi per
anni da numerosi mass media locali
dopo il sisma nell’Aquilano. Ricordo frotte di massaie che accorrevano alle
testate on-line per inviare commenti
velenosi contro chi voleva il male del proprio figlio. (Quel clima non c’è più
oggi per nostra fortuna, anche se c’è chi scrive ancora amenità del genere:
«scuole che rischiano di crollare in testa ai nostri figli alla prima scossa di
terremoto» in Nessun violento tra di noi.
Pezzopane non divaghi. e La Senatrice
alza la polvere per non farci vedere le rovine, marsica5stelle.it 4 e 7 ottobre 2013).
Le due posizioni non sono
così antitetiche come possono sembrare a prima vista. Patrizia Petricola ha
parlato di: «riqualificazione delle scuole cittadine attraverso interventi di consolidamento strutturale e
risanamento energetico, oppure di
demolizione e ricostruzione sul posto, in
stretta sinergia con la minoranza
così come stabilito in consiglio comunale» – TerreMarsicane 2 ottobre 2013, il grassetto è mio.
Si tratta di cose già viste
ad Avezzano.
La posizione di Morgante
parlando di scuole, s’inserisce in un contesto molto diverso da quello
accennato: «è stata una decisione all’insegna del sano realismo», a detta della
sua «antagonista». Scrivere di: «massima sicurezza della popolazione scolastica
che frequenta edifici danneggiati dal sisma 2009» e «si è ritenuto di assoluto
valore consentire piuttosto che “rattoppamenti” la costruzione di edifici nuovi
con i massimi accorgimenti tecnici oggi disponibili in termini di sicurezza» – TerreMarsicane 1 ottobre 2013 –, ha poco
senso in tempi di crisi. (Si possono accettare dei morti in caso di terremoto –
com’è stato negli ultimi secoli).
Io sbaglierò, ma non
dovrebbe essere ripetuto il «metodo Vitruvio».
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