martedì 26 dicembre 2017

Divertissement – degli altri

Prendo materia fresca per meglio chiarire una faccenda di cui mi occupo da decenni. Nel volgere di una settimana ho notato per tre volte in Abruzzo l’uso della locuzione «aree interne» nelle rivendicazioni. È successo tutto ciò due volte in provincia di L’Aquila, mentre la terza in quella di Pescara. (Escludo la terza tirando in ballo la geografia, anche se sarebbe interessante capirne i motivi reconditi e perciò i legami con le precedenti).
Da chi è stata pronunciata nei casi citati? Da uomini politici, da amministratori della cosa pubblica. Mi fido poco in generale di costoro – quelli delle zone interne in particolare – perché loro, nella loro funzione di mediatori, hanno maggiormente da guadagnare quando le cose rimangono così come sono più che dai cambiamenti. Sento parlare da decenni di riequilibrio delle aree interne ma tutto ciò resta ancora lontano – o meglio, imperscrutabile; ci si accontenta invece di un minuscolo poltronificio, uno strapuntino qua e uno là. Un conto è la lamentela rituale un altro è pensare una strategia per l’avvenire a uso delle aree interne: può richiedere anche lo scontro aspro con chi si trova da sempre in posizione di supremazia. Ho scritto in precedenza che nell’Abruzzo interno si avrebbero problemi anche a costituire uno schieramento del genere – resta capoluogo di Regione, L’Aquila e perciò non può combattere contro se stessa.
Non si possiede né intelligenza politica né si è dei cuor di leone sugli Appennini.

(È andato anche il buon Gualtiero Marchesi).

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