martedì 12 dicembre 2017

La linea del caffè ristretto

Non mi scucirete nemmeno mezza parola su com’è stato progettato quest’anno il Natale, in città. (Spero – al solito – che i cristiani possano viverlo al riparo delle luminarie, dei regali, delle abbuffate e amenità del genere). In compenso… È spuntata nelle chiacchiere al bar la questione «Stati Generali della Cultura», riferita al nostro comprensorio – il grassetto è mio. «Devo proprio scriverci sopra?».
Ricordo bene l’inizio della vicenda perché Maurizio Di Nicola ha tirato fuori tal idea sul palco del nostro Teatro dei Marsi il 29 ottobre 2017 – mi trovavo accanto a lui in quell’occasione. Il pescinese ha poi articolato tale proposta una settimana dopo con una lettera (aperta) al sindaco di Avezzano (6 novembre 2017). Gabriele De Angelis ha replicato pochi giorni dopo (11 novembre 2017). Si tratta di mettere insieme dei marsicani che fanno «cultura» per una migliore circolazione delle iniziative, evitando sovrapposizioni. Non ho commentato a suo tempo per alcuni motivi che ora spiego.
Ho scritto di recente, riferendomi ad Avezzano: «La cultura, ai nostri giorni, è identificata con lo spettacolo», (Beth, Aleph editrice 2017, p. 17. Uscirà all’inizio del 2018, il grassetto l’ho invece aggiunto or ora).
Che cosa intendo per cultura? È un foglio A4 in cui è segnalata la presenza di una pianta, un animaletto raro da queste parti – cerchi di non strapparla o eviti di calpestarlo incrociandolo lungo un sentiero –, un articolo su una rivista di settore che scopre qualcosa di nuovo in un testo di Shakespeare e perciò ci costringe a ripensarlo nella lettura e nella messa in scena, quello che ci hanno raccontato i geologi in occasione del Centenario: attenti voi giovani marsicani quando comprerete una casa nuova! (Ho pubblicato tre post sui laboratori del Gran Sasso; dagli esperimenti che vanno dipanandosi in quelle parti, potrebbe sensibilmente cambiare il nostro modo di pensare nei prossimi anni). Si tratta di prodotti che spuntano fuori in genere dalle università, dai centri di ricerca. (L’erre di Miur sta per ricerca; un docente universitario è qualcuno che dovrebbe produrre costantemente cultura). «Extra academiam nulla salus»? Non sono così manicheo; fuori da tali istituzioni è però facile scivolare nello spettacolo e peggio, nell’intrattenimento. (Potrei chiudere il discorso proprio a questo punto; ciò che segue, è a beneficio degli etnologi a venire).
In fondo, di cosa è composto «il mondo cultura» marsicano cui si riferisce Di Nicola? Penso che sia paragonabile a Cantiere cultura Abruzzo (Pescara, 6 dicembre 2017), ma in tono minore. Nel senso: vi sono ancora delle associazioni culturali, ma meno professionisti e più operatori culturali, dopolavoristi, dilettanti e personaggi pittoreschi. Domanda: perché ci si trova al cospetto di una compagnia tanto eterogenea? Mi spiego per rilanciare: perché mettere sullo stesso livello chi vive nel comparto culturale e chi invece, ha da risolvere semplici problemi di tempo libero o di visibilità nel paese in cui vive? Tutto questo dipende dal fatto che il settore culturale rientra da decenni nella rete delle clientele di chi è impegnato nell’amministrazione. Sono considerati almeno tutti uguali da una compagine politica; sarà poi premiato in qualche maniera, chi procura voti alle tornate elettorali. Giustifico anche l’uso del termine «almeno» – mi si passi l’autocitazione ignorando nella mia città situazioni uguali o simili. Ho alle spalle trentadue pubblicazioni e le Amministrazioni che si sono succedute negli ultimi ventisei anni non ne hanno filato nessuno, nemmeno per sbaglio. La cosa più simpatica è che dal 2012 i miei opuscoli si trovano solo al caffè letterario situato davanti al municipio e non è, che si tratta di un posto evitato accuratamente da chi frequenta – per i motivi più diversi – il Palazzo di città. (Al netto delle presentazioni, di qualche mia conferenza nello stesso luogo – locandine sotto il naso quando scendi per un cappuccino). Sommando tutto ciò si ottiene che da noi tale banalizzare più che una parodia o una perversione della democrazia, è l’altra faccia – quella truce – dell’escludere. (Succede lo stesso a Pescara, L’Aquila, Teramo, Chieti?).
Già, che cosa potevo scrivere un mese e mezzo fa? Ben comprendo che l’ex-sindaco di un paese di 5mila abitanti possa uscirsene così, mi preme però rimarcare che ad Avezzano le cose vanno in tutt’altra maniera da quelle che lui ha vissuto o che ha impostato a suo tempo durante la sua attività di governo. A occhio e croce, un terzo dei marsicani funziona perciò in quel modo premoderno.

È spuntato qualcosa di nuovo ad Avezzano quando qualcuno è riuscito a copiare decentemente iniziative consolidate in città più grandi. Si trattava generalmente di privati che erano sganciati dall’ente locale e che agivano in maniera autonoma. (Le Amministrazioni comunali col procedere appoggiavano o mettevano i bastoni tra le ruote, secondo convenienza).

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