Racconto una
vicenda minuscola ma che ben chiarisce qualche aspetto della mentalità locale.
Nei giorni passati ho discusso con più persone sulla liceità dell’iniziativa curata
dall’assessore all’Ambiente «Dona un
albero alla città». (Dono, cfr.: M.
Mauss, Essai
sur le don. Forme et raison de l'échange dans les sociétés archaïques, 1924). Al solito, la
faccenda è stata inquadrata nella lunga tenzone tra «quei due». Io domandavo: «È
contraria a qualche legge dello Stato, della nostra Costituzione?». No, e
allora? Perché è possibile tutto ciò, di là della citata legge 10, 14 gennaio 2013?
Vado a
memoria. Quarant’anni fa, succedeva che un gruppo di cittadini scriveva al
sindaco segnalando il degrado di una zona. Non produceva generalmente effetti
tale denuncia e allora i gruppi si muovevano autonomamente per ripulire che so,
una piazza, un parco, un lungofiume. Tale comportamento – poco mediterraneo –
si è enormemente diffuso da noi soprattutto negli anni Novanta e nei campi più
diversi. (Il volontariato non è una pratica obbligatoria in Italia come in altri Paesi).
In breve: lo
Stato non riesce a garantire determinati servizi e allora ci pensano – alla
loro maniera ci mancherebbe –, i cittadini. (Un esempio. I nostri governi,
nonostante la lettera finale di Miur, spendono poco nella ricerca per motivi
che non interessano e allora spuntano Airc, Lilt, Fondazione Veronesi, Telethon,
eccetera).
Ci siamo abituati
negli anni anche ad Avezzano alle giornate ecologiche per recuperare rifiuti
sul monte Salviano e altre zone della città; non è un problema se tali
occasioni sono proposte dall’associazione X,
Y o dal Comune. La qualità dei luoghi
migliora indubbiamente dopo simili
operazioni – a costo zero per la
collettività. Non c’è perciò da scandalizzarsi se l’assessore Crescenzo
Presutti chiede a singoli cittadini, associazioni e imprese di tirar fuori 250
euro per piantare un albero in modo da incrementare il nostro patrimonio
arboreo – a costo zero per la
collettività, anche in questo caso. Chiede appunto, non obbliga.
(Nel 2017
c’erano diciassette avezzanesi in meno rispetto all’anno precedente.
Bisognerebbe preoccuparsi per questo non di altro).
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