Primi
ritorni estivi di amici che vivono fuori. Nessuno dice più a proposito del
posto in cui è nato: «Sempre peggio». Sembra che lo scarto tra la qualità di
Avezzano e quello dell’Italia, sia diminuito a favore della prima; la seconda
inizia a peggiorare rispetto agli anni passati a quanto mi raccontano.
Chi mi legge
chiede di approfondire una vicenda locale, chi segue le nostre testate (on-line), rimane invece sorpreso dalle
mie ricostruzioni a voce. Registro da decenni che si è sulla stessa lunghezza
d’onda nel modo di giudicare per compartimenti
la vita in un posto. (Bene i rifiuti – «L’assessore si è tanto interessato e
poi non siamo sporcaccioni» –, male il traffico – «Colpa dei sensi unici e degli
imbecilli che vanno ancora in macchina» –, così-così i servizi – «È lo Stato
che ci deve aiutare di più». Chi vive in una grossa città ha inoltre maggiori
occasioni di «consumo» culturale) Da noi invece, nell’immaginario collettivo locale
degli ultimi anni è come se tutto ma soprattutto i mali, dipendessero dal sindaco. È una differenza non da poco
soprattutto se si confronta con altri aspetti della situazione nazionale.
Alle recenti
Politiche i partiti si sono presentati con programmi diversi tra loro e gli italiani hanno potuto scegliere secondo la
propria inclinazione. I programmi elettorali messi in circolazione alle
Amministrative 2017 erano all’incirca uguali,
ad Avezzano. Succede comunemente che chi ha vinto le elezioni e oggi attua il
progetto Alfa, Beta o Gamma, è
contestato da chi ha proposto, promesso – all’incirca, ripeto –, Alfa, Beta e Gamma agli avezzanesi.
È comico osservare come a livello nazionale, nonostante le differenze
ideologiche, i conflitti siano – in proporzione – ridotti rispetto a noi. Mi
suscita il riso, osservare molti compaesani che a vario titolo aizzano, fakenewsano, s’insultano tra di loro nel
web, al posto dei loro eletti,
protettori pro tempore.
Da cosa
deriva il mio modo di pensare – anche quello dei miei amici lontani? Non è solo
questione di pragmatismo, per cominciare. Mi è capitato di definire postmodern l’attuale governo nazionale (7
giugno 2018); il suo programma o «contratto», è una sfilza di citazioni prese
qua e là (destra, sinistra e molto altro). Due giorni prima avevo pubblicato: «Oggi la politica non
potendo cambiare abbastanza né così-così il mondo, riesce in compenso ad
accontentare moltissimi nel breve periodo, più di quanti e quanto non si
possa immaginare; a fidelizzarli, a non averceli contro». Ce n’è proprio per
tutti i gusti.
Non si può
prescindere nemmeno dal tempo in cui si vive: non si scorgono rivoluzioni né tantomeno
rivolte all’orizzonte e possiamo perciò valutare serenamente tante singole
azioni – di amici, alleati o avversari politici –, di volta in volta. Le
persone tendono a vedere tutto bianco o nero; allacciarsi in abbracci o scambiarsi
revolverate durante i rivolgimenti sociali.
(Si è anche
parlato, tra amici, del calo della popolazione abruzzese negli ultimi anni e
del notevole aumento delle famiglie povere nella nostra regione durante il
2017. Quale testata giornalistica ne ha trattato da noi? Ho rivalutato i
quotidiani nell’ultimo anno – quelli di carta, s’intende)
‘Would you like to say something before you
leave?’
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