domenica 7 aprile 2019

Già dieci

Ho scritto abbastanza dieci anni fa, sul terremoto nell’Aquilano, dei suoi riflessi nella nostra zona. Ho invece speso un po’ di tempo a leggere quello che hanno scritto gli altri in occasione del Decennale; ho rintracciato questo, almeno io.
Alla domanda: «Ingegnere, cosa intende dire che all’Aquila lo Stato non ha funzionato?». Paolo Berdini ha così risposto: «[…] non c’è stata la forza di ricostruire subito il centro della città, la vera carta di identità non solo degli aquilani ma di tutto l’Abruzzo. Tutti gli sforzi vennero concentrati solo nella [costruzione] delle Case [Progetto C.A.S.E.] lasciando un enorme buco nero». (Terremoto, Berdini: “All’Aquila buco nero dato dall’assenza dello Stato”, in «NewsTown» 23 febbraio 2019).
Ho citato più volte, nel 2009, uno scrittore delle nostre parti, prendo solo questo stavolta: «Quale idea di città avremmo dovuto mettere a fondamento della ricostruzione sociale ancor prima che materiale? Questo momento di riflessione però è mancato. […] Non abbiamo lavorato sull’identità, non abbiamo ragionato sulla nuova identità che avremmo potuto darci, benché le nostre bocche fossero colme di ritrovata “aquilanità”, di “torniamo a volare”, di “L’Aquila rinasce”, di “non molliamo”; speranze più che progetti, chimere più che idee». (Alessandro Chiappanuvoli, in «Artribune» 28 marzo 2019). È un ragionamento utile anche per gli altri.
L’intervistatore rammenta da Raffaele Colapietra, che «Si fece passare il racconto secondo cui la città era morta affinché Berlusconi potesse dire, come Gesù nel Vangelo di S. Giovanni: “Io sono la resurrezione”». (R. Ciuffini, Decennale, Colapietra: “Fu il G8 a trasformare il terremoto in un evento smisurato”. L’intervista, in «NewsTown» 29 marzo 2019).
Segnalo, dalle nostre parti, il video Decennale terremoto: La leggenda del Progetto C.A.S.E., in «Site» 1 aprile 2019. È lungo ma ne vale la pena.
Un giornalista la prende con l’Espresso e considera che «l’analisi giornalistica, tutta concentrata a dipingere simili rappresentazioni drammatizzate, perde l’occasione per affrontare le vere sfide (e sono tante) che l’Aquila post-terremoto si troverà ad affrontare nei prossimi anni – da quella della bolla immobiliare legata a una sovraproduzione edilizia esito delle politiche dell’emergenza […] e quella della crisi economica che rischia di travolgere la città quando l’effetto dopante dell’economia della ricostruzione finirà». (F. Chiodelli, L’Aquila 2009-2019: diffidate dei giornali, in «GliStatiGenerali» 2 aprile 2019).

È chiesto «Il centro storico dell’Aquila è a rischio museificazione?», lo storico dell’arte: «E’ dura a morire l’idea che le città siano delle quinte, basta guardare a Venezia e Firenze. Il terremoto ha accelerato un processo di spopolamento che era già in atto ma è in quei momenti che si vede se c’è o non c’è un’idea di città. […] Io non credo che, da questo punto di vista, ci sia stata un’idea forte di città. Il centro storico dell’Aquila vive solo se è vissuto tutti i giorni, da chi ci fa la spesa, da chi cucina, dai ragazzi che giocano a pallone nelle piazze». (R. Ciuffini, Tomaso Montanari all’Aquila: “In centro devono tornare i bambini a giocare”, in «NewsTown» 4 aprile 2019).

Nessun commento:

Posta un commento