Sono alle prese con
materiali da pubblicare su carta, ho poco tempo per il blog e scrivo giusto
qualche considerazione sui recenti roghi in val Susa. Ho confrontato le
reazioni degli abitanti, dei piemontesi con le stesse degli abruzzesi in casi
analoghi, nello scorso settembre.
Il punto di partenza è
stato identico: sono incendi dolosi.
Una buona parte dei corregionali ha indugiato per settimane sul profilo –
stranamente precisissimo –, dei piromani, sono abbondati i questurini. (L’unico
arrestato in realtà era ben lontano dal profilo proposto).
In Piemonte e segnatamente
nelle zone dei roghi si è visto dell’altro, i residenti hanno dimostrato di
conoscere bene l’ambiente in cui
questi si sono sviluppati. Non solo, si rendono conto dei danni inferti dalle
attività umane a quegli ecosistemi negli ultimi decenni e le responsabilità dei
recenti cambiamenti climatici in simili situazioni – in tutto l’arco alpino.
Tutto ciò mi ha ricordato i
giorni seguenti l’attacco al WTC (2001): una volta individuati i responsabili
degli attentati, gli americani hanno anche compreso che le nostre città sono
divenute delle trappole per chi ci vive o ci transita semplicemente. È finita
lì purtroppo e si è intrapresa la via delle armi, anche se vi è stata una
leggera ripresa di tale tema negli ultimi anni per via degli allagamenti e
delle vampate di caldo nelle grosse città nordamericane.
I valsusini hanno compreso
di vivere in un territorio fragile, di là del piromane in servizio. È mancata
questa riflessione in Abruzzo – complessa quanto si vuole per carità.
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