mercoledì 1 novembre 2017

burning down the house

Sono alle prese con materiali da pubblicare su carta, ho poco tempo per il blog e scrivo giusto qualche considerazione sui recenti roghi in val Susa. Ho confrontato le reazioni degli abitanti, dei piemontesi con le stesse degli abruzzesi in casi analoghi, nello scorso settembre.
Il punto di partenza è stato identico: sono incendi dolosi. Una buona parte dei corregionali ha indugiato per settimane sul profilo – stranamente precisissimo –, dei piromani, sono abbondati i questurini. (L’unico arrestato in realtà era ben lontano dal profilo proposto).
In Piemonte e segnatamente nelle zone dei roghi si è visto dell’altro, i residenti hanno dimostrato di conoscere bene l’ambiente in cui questi si sono sviluppati. Non solo, si rendono conto dei danni inferti dalle attività umane a quegli ecosistemi negli ultimi decenni e le responsabilità dei recenti cambiamenti climatici in simili situazioni – in tutto l’arco alpino.
Tutto ciò mi ha ricordato i giorni seguenti l’attacco al WTC (2001): una volta individuati i responsabili degli attentati, gli americani hanno anche compreso che le nostre città sono divenute delle trappole per chi ci vive o ci transita semplicemente. È finita lì purtroppo e si è intrapresa la via delle armi, anche se vi è stata una leggera ripresa di tale tema negli ultimi anni per via degli allagamenti e delle vampate di caldo nelle grosse città nordamericane.

I valsusini hanno compreso di vivere in un territorio fragile, di là del piromane in servizio. È mancata questa riflessione in Abruzzo – complessa quanto si vuole per carità.

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