Ho seguito un po’ le
polemiche legate all’abbattimento delle statue
di alcuni protagonisti nella Guerra civile americana (1861-65), oltre tre mesi
fa negli Stati Uniti e in Europa. («Alcuni» è da intendere nel senso: quelli
che difendevano la segregazione e la schiavitù). Anche quelle di Cristoforo
Colombo. Si è trattato di un dibattito piuttosto interessante.
Passo adesso alla periferia
della periferia dell’impero americano e noto che succede l’esatto contrario –
senza stupirmi più di tanto. Ho letto piuttosto divertito questo pezzo: F.
Proia, Tribunale di Avezzano: e se la
difesa del palazzo di giustizia passasse anche per la cultura?, in «MarsicaLive»
25 novembre 2017. Si propone di ripristinare, immagino nella facciata, dei simboli del passato: due aquile, una
con «la croce sabauda», l’altra «quella che riporta il fascio littorio». L’iniziativa
servirebbe anche a «tutelare» maggiormente il nostro tribunale in questo poco
felice momento; lo stesso articolo vuol essere una «provocazione». Vabbè…
In sintesi: negli Stati
Uniti sono state distrutte decine di statue per non contrariare i discendenti
degli schiavi intenti a passeggiare nelle loro città, un secolo e mezzo dopo quella guerra mentre ad Avezzano, i figli, i
nipoti e i pronipoti di chi è stato picchiato, incarcerato, confinato, ucciso
dai fascisti poco più di settant’anni fa
– comunisti, democratici, ebrei, liberali, non-cattolici, omosessuali,
repubblicani, socialisti –, dovrebbero almeno
soprassedere.
Io penso che bisognerebbe
capire per qual motivo settantaquattro anni fa, gli avezzanesi abbiano scelto
di non buttar giù l’edificio del
tribunale costruito durante il fascismo. Non solo, perché abbiano ripetuto la
stessa scelta con la costruzione che
va sotto il nome: «scuola di via G. Mazzini» – graffiti inclusi. (Idem,
perché non hanno abbattuto il monumento ai Caduti e le case costruite durante
l’infausto ventennio?).
Mi si perdoni
l’auto-citazione: perché mi sono lamentato più volte negli ultimi decenni del destino
toccato ai graffiti suddetti, ma non ho mai scritto un rigo a favore dei due
simboli – poco ingombranti tra l’altro – che si trovano abbandonati presso il
tribunale? Quei graffiti sono in ogni modo delle opere d’arte – stupende o scadenti, non importa – per quanto
celebrative del periodo in cui sono state realizzate, a differenza di uno o più
simboli. (Non sono delle mere
rappresentazioni di aquile).
Chiedersi che fine debba
fare quelle due aquile di pietra, è invece una bella domanda.
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