sabato 2 febbraio 2019

R19 (blob 2)

Ho trovato abbastanza disgustoso questo pezzo: «Voglio ricordare a tutti gli abruzzesi che noi avevamo iniziato col Genio militare a raccogliere tutte le macerie. Invece, una decisione del Consiglio comunale dell’Aquila ci ha imposto di fermarci», in «AbruzzoWeb» 1 febbraio 2019. (Noi = Silvio Berlusconi. Il riferimento è il terremoto nell’Aquilano del 2009).
Le cose vanno in maniera diversa in Europa, da secoli; lo stesso copione è in realtà stato utilizzato anche per L’Aquila, altroché.
Di fronte a un simile terribile evento, lo Stato centrale vuol conoscere dai tecnici perché alcuni immobili pubblici sono stati devastati. (Il municipio dell’Ottocento, il mercato coperto degli inizi del Novecento, la scuola media costruita mezzo secolo fa, il centro culturale in vetro-cemento degli anni Settanta, l’asilo-nido appena inaugurato, eccetera). Non si sgomberano subito tutte le macerie perché esse sono utili a comprendere perché un edificio è collassato di colpo, è crollato in parte, si è afflosciato.
Neppure si disperdono in discarica tutte le macerie. Alcuni edifici sono da ricostruire – in parte, completamente secondo la loro importanza per la collettività. Si ricostruisce, cum grano salis, una parte di fabbricati in cui è stata utilizzata una particolare tecnica edilizia obsoleta. (Ci si comporta così da poco tempo, vabbè). Si smaltiscono i resti di un affresco eseguito da un imbrattamuri, ma si custodiscono quelli di un autore di rilievo per riusarli in qualche maniera. In ultimo: almeno io, non sono tanto imbecille da buttar via qualche lastra di marmo pregiato (vecchia, nuova, così-così) semplicemente perché il vibrare del sisma l’ha staccata dal muro. (Vi è dell’altro, poi, casomai).

P.S. è morto Roberto Perini.

Nessun commento:

Posta un commento