martedì 26 febbraio 2019

Radio Bar(i) 16

(Dalle onde elettromagnetiche al bancone). La demolizione della vecchia casa dei Rubeo è iniziata la mattina dello scorso 20 febbraio. Ieri mi è stato consigliato questo pezzo sull’argomento: G.M. De Pratti, Avezzano. Il liberty che scompare nella «città bella», in «Marsica-Web» 25 febbraio 2019. Chiacchierando, mi sono accorto che quella pubblicazione era diventata un esempio di civismo.
«È il solito pezzo contro Gabriele De Angelis» è stato il mio primo commento a caldo. Nel senso: la persona, non il sindaco d’Avezzano. («Sinceramente, non sappiamo se sia così che la “Città si faccia bella”»; è stato uno slogan della campagna elettorale dell’attuale sindaco «Città bella» ed è stato più volte ripreso in questi due anni di vita amministrativa). Ne scrivo a mente fredda, adesso.
La sua cornice interpretativa – per quanto si è divagato –, è costituita dalla contrapposizione tra un indistinto popolo e una qualsiasi entità dotata di uno straccio di potere. È efficace tale frame in caso di beni pubblici mentre non succede altrettanto quando si passa a situazioni private. Ho scritto ieri: «C’entrano in modo marginale nella vicenda sia il Comune sia la Soprintendenza». Tutto ciò adombra che, in tale vicenda, il numero degli attori è più alto.
Il fabbricato in questione è stato abbandonato dal proprietario da molti anni e in più occasioni cintato di nastro bianco e rosso per segnalare la caduta di calcinacci. (C’entra anche Di Pangrazio? E Floris?). Non sono noti i motivi della scelta di mandarlo in malora, né devono interessarci in una società come la nostra. Il Comune e la Soprintendenza potevano metterci una pezza fino a un certo punto: nessuno m’impedisce di acquistare, quindi, possedere un Picasso e poi pisciarci sopra o darlo alle fiamme. Io tiro in ballo anche la coscienza, la sensibilità collettiva che spinge verso alcuni atteggiamenti anziché altri ma anche in questo caso, esse possono poco. (Sono ragionamenti tabù questi, per un populista). Ne vedremo ancora perciò di altri «interventi che lasciano, quantomeno, perplessi». I distratti ovviamente.

È un testo molto citato dagli italiani ma per niente compreso Le città invisibili di Italo Calvino.

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