lunedì 4 febbraio 2019

R19 (blob 4)

Un noto volumetto di Italo Calvino mi ha spinto a leggere Le Metamorfosi, da trentenne. (Un viaggio, due servizi, chioserà qualche mio conoscente).
Un romano si candida a guidare l’Abruzzo nei prossimi cinque anni – ci riuscirà, come scrivo da settimane. Nei primi giorni di campagna elettorale, si è comportato come i leader nazionali accorsi da queste parti: una serie di stereotipi sugli abruzzesi ignorando la grave situazione regionale. («Passerella di vicepremier chiamati in soccorso di candidati che non trascinano come Marco Marsilio e Sara Marcozzi, ministri, leader nazionali con codazzi, staff, portaborse, almeno una volta la settimana», in A. De Angelis, Gran Cinema Abruzzo, in «HuffPost Italia» 3 febbraio 2019. La campagna elettorale «finora è stata deludente di iniziative, idee, proposte concrete sulle grandi questioni che interessano il nostro territorio», i vari leader nazionali intervenuti, non conoscono del Centro Abruzzo «storia, tradizioni emergenze e vocazioni», Asterix, Questa volta facciamo vincere Sulmona, in «CorrierePeligno» 3 febbraio 2019. «Si parla molto poco d’Abruzzo», A. Cococcetta, 3 febbraio 2019). Ha tentato in seguito la carta delle radici (dialetto, cucina) per scrollarsi di dosso l’etichetta del proconsole spedito in queste parti da Roma – anche da Milano. (No comment).
Ebbene, Marco Marsilio: «L’Abruzzo negli anni ‘60 e ‘70 è stato un modello per tutta l’Italia, con un grande sviluppo industriale e agricolo», citato in «AbruzzoWeb» 19 gennaio 2019. Un qualsiasi libro di storia regionale smentirebbe una frase del genere, per non parlare di qualche testo che racconta come si sono svolti quei due decenni nella Penisola. (Il padre, la madre non gli ha mai raccontato niente?) La città di Marsilio poteva invece essere un nostro modello per quanto riguarda l’industria; non affronto nemmeno l’argomento dell’agricoltura, trattandosi della città più «verde» d’Europa: ha tuttora un’estesa superficie coltivabile all’interno del suo sterminato perimetro. (Mai sentito parlare della pianura padana?). Napoli era un po’ sotto la Capitale quanto a fabbriche e campagne, e anche quella situazione sarebbe stata invidiabile per noi abruzzesi, in quel periodo.
L’una e l’altra metropoli, in realtà, potevano allora guardare giusto dal basso il cosiddetto triangolo industriale (Torino, Milano, Genova).

In noua fert animus mutatas dicere formas | Corpora’.

Nessun commento:

Posta un commento