Riprendo la vicenda del Carnevale dei giorni scorsi.
Dovevano iniziare i lavori per il restyling
di piazza del Mercato, martedì scorso e invece è stato tutto rimandato per
l’opposizione di alcuni eterogenei soggetti al taglio degli alberi. Li cito
tutti: Auser, CasaPound, Cisl, Conalpa, Csv, Lega, Movimento 5 stelle, Pd,
Potere al Popolo!, Verdi per l’Europa. Si tratta di partiti, sindacati,
un’associazione di volontariato, una non-profit e una di pensionati. Per il
terzo soggetto, il quarto, il quinto, il sesto e l’ottavo, la mia domanda è:
tutta? (Oppure: tutto?). Il capofila della protesta è stato M5s Avezzano. Avevano
mostrato la stessa contrarietà al taglio di alcuni alberi, anche una serie di
ex consiglieri comunali: D. Aratari, M. Babbo, C. Carpineta, D. Di Berardino, G.
Di Pangrazio, M. A. Dominici, F. Eligi, L. Francesconi, G. Gallese, M. Natale, P.
Pierleoni, V. Ridolfi, L. Rosa, R. Verdecchia. (Cfr. TerreMarsicane, 11 giugno 2019).
Vi sono due faglie secondo me in questa vicenda. La
prima è quella tradizionale tra chi possiede una cultura classica, purtroppo
rimasta agli anni Cinquanta del secolo scorso e chi invece, quella scientifica.
La seconda faglia è costituita dalle differenze tra il modo di comportarsi del mondo
politico e quello tipico degli ambientalisti.
Non ci s’intende tra chi definisce «storico» un
albero che fa parte del verde pubblico di una città e un qualsiasi uomo che
impiega conoscenze di tipo scientifico e perciò utilizzate anche nel campo
ambientalista. «Un Albero», «Un albero è un albero» mentre dall’altra parte: πάντα ῥεῖ, tutto
scorre. (Eraclito non
era uno scienziato). Perché altrimenti proporre, registrare e poi soprattutto, far
funzionare definizioni come: giardino privato, verde pubblico, vegetazione
spontanea, zona di protezione esterna, vivaio, parco naturale, bosco ceduo,
riserva integrale? Si ha perciò un’altra percezione,
attribuisce un diverso valore a una betulla,
faggio o altra pianta quando essa si trova in uno di questi otto ambienti – ve
ne sono di più nella realtà che costruiamo collettivamente. Mi spiego meglio.
Non si può portare Gabriele De Angelis in un’Aula di giustizia perché vuole
recidere sette alberi; finisce sotto processo chi, invece, ne taglia tre dentro un’area protetta; qualcuno
ti porta davanti al giudice se strappi solo un solo filo d’erba in una riserva integrale. Ho citato anche «albero
monumentale» nel post precedente e ho ricordato anni addietro come alla base del
caso Rigopiano, ci fosse un diboscamento; ho ripetuto più volte che è pericoloso
eliminare alberi, arbusti e cespugli lungo le sponde di un fiume – di là della
brutta fine che fanno i pesci.
Ecco ricavato un primo
elemento in questa vicenda: il bigottismo.
(1/3)
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