Riprendo la
questione dell’Urban Center. (Chiacchierarne al bar ha avuto il vantaggio di
un’informazione più completa per via del classico giornale abbandonato sul
bancone dei gelati: il web ha giusto riprodotto il comunicato dell’ufficio
stampa del sindaco).
Non ho niente
da ridire sull’iniziativa inserita, tra l’altro, nel programma elettorale di De
Angelis. Mi aspetto poco o niente questo sì; mi sono anche chiesto «L’Urban
Center ha ancora uno straccio di senso, in una situazione così penosa?», per l’incapacità
di guardarsi intorno e soprattutto avanti, lo scorso 10 giugno. La sua riuscita
dipende marginalmente dall’assenza di una facoltà d’architettura o
d’ingegneria, molto invece proprio dalla società
avezzanese.
Navigando
nella rete, mi capita d’incrociare in siti d’informazione locale, proposte e interventi
di partiti, associazioni private, consigli
di quartiere, tecnici, intellettuali, consiglieri comunali, semplici cittadini
in merito a questioni locali. (Parlo anche di città più piccole d’Avezzano e di
pagine, video reperibili in rete; ignoro volantini, documenti e periodici
stampati). Ecco, un Urban Center potrebbe riassumere, valorizzare in qualche
modo tutti questi materiali prodotti in
loco. (Dovrebbe produrre
qualcosa tale struttura, di quando in quando – ho già consigliato di visitare i
siti di quelli nelle grosse e medie città italiane).
Non succede tutto ciò da noi e sarebbe da
indagarne i motivi, da parte di gente di buona volontà. C’entrano, secondo me,
i rapporti di tipo clientelare tra le persone: si preferisce risolvere un
problema privatamente attraverso la
rete delle conoscenze piuttosto che intraprendere una qualsiasi iniziativa con altri. Questo però costruisce una
sorta di muro di gomma intorno ai vari poteri e i cittadini sono portati, dopo
i primi scontri, a disinteressarsi di ciò che succede nella vita amministrativa.
Ho pubblicato anche questo: «Umberto Irti ha raccontato pubblicamente di aver
perorato la causa dell’isola pedonale trent’anni
fa nell’aula consiliare», 20 giugno 2018. Domanda: ventinove, ventotto anni fa
invece? E tutti gli altri di allora? E quelli che sono venuti dopo? Ascolto
delle lamentazioni (rituali) sui giovani laureati che cambiano città, mentre
non si riflette sugli avezzanesi rinchiusi da decenni nel mutismo: «Tanto non
cambia mai un cazzo…».
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