mercoledì 10 ottobre 2018

Law & Order & Democracy, alle vongole

La questione è: sono situati dove i mercati settimanali negli oltre ottomila comuni della Penisola, si trovano proprio tutti al centro storico? No, non vi sono d’altra parte leggi che lo impongono e ciascun ente locale si comporta come ritiene più opportuno. Vi è chi, da decenni, li mantiene in periferia e chi invece li fa tornare in centro dopo averli allontanati per un periodo. Com’è andata in passato, nel XVI secolo, nell’Ottocento? (Eraclito, rinascendo, avrebbe ancora qualche problemino per farsi comprendere dagli occidentali). Torniamo all’attualità, in città italiane grandi quattro, cinque volte Avezzano, dove si trova generalmente l’area del mercato settimanale: in centro o in periferia? Basta girare un po’.
Si tratta in ogni modo di decisioni prese dal Comune – quelli scelti dall’elettorato –, non certo dagli ambulanti o dalle loro associazioni di categoria. (Allo stesso modo, non si consultano i parenti forestieri degli avezzanesi, i turisti o i pendolari del sesso e della droga quando bisogna sondare il terreno per un nuovo Piano regolatore o quello del traffico).
L’ultimo treno per riequilibrare la città è stato perso trent’anni fa. Chi risiede nella periferia nord ha perciò vissuto con sollievo, come una liberazione, l’apertura dei mall lungo la Tiburtina Valeria – avversati dai commercianti del centro. (I partiti avezzanesi hanno promesso – a ogni tornata elettorale – che avrebbero risanato la periferia con servizi e negozi, fino alla fine degli anni Ottanta). Viviamo ancora quella situazione – il centro d’Avezzano si va spopolando in qualche maniera da mezzo secolo, perdonate la ripetizione. Non si è mai parlato di cambiamenti di sorta in questo lasso; è stato invece fabbricato per decenni un mondo di cartone, eterno a misura di bottegaio e oggi, una scartoffia di un qualsiasi ufficio lo butta giù. (Un titolo di questi giorni: «We have 12 years to limit climate change catastrophe, warns UN», in «TheGuardian» 8 ottobre 2018. Vallo a far capire ai valorosi cococciari, che devono usare l’automobile il meno possibile).
È questo il nocciolo del problema, da noi: quella categoria ha sempre ottenuto tutto ciò che desiderava dalle varie amministrazioni che si sono succedute negli ultimi decenni. (Non ha perciò avanzato proposte alternative, finora).
(Apocalisse di Ted C.). È interessantissimo questo grand finale: «Neanche la pioggia ha scoraggiato gli ambulanti che hanno deciso di perseverare contro la decisione e di fare muro contro [muro] riguardo alla decisione di trasferimento, dovuta prevalentemente a motivi di riorganizzazione per la sicurezza ma, secondo i commercianti, anche ad altri motivi», in Mercato in sciopero, sotto la pioggia anche sfilata di politici per protestare contro il trasferimento, in «MarsicaLive» 6 ottobre, 2018. Sorge spontanea la domanda: quali altri motivi? (2/2)

P.S. in un recente comunicato dei cosiddetti commercianti del centro, trovo questo: «il mercato di Porta Portese esiste da sempre nel cuore di Roma», 9 ottobre 2018. Le cose sono messe in modo ben diverso ed è sufficiente una veloce ricerca nel web. (Soliti vivissimi complimenti a chi pubblica coglionerie del genere – c’è purtroppo cascata anche la carta stampata).

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