La questione è: sono situati dove i mercati
settimanali negli oltre ottomila comuni della Penisola, si trovano proprio tutti
al centro storico? No, non vi sono d’altra parte leggi che lo impongono e
ciascun ente locale si comporta come ritiene più opportuno. Vi è chi, da
decenni, li mantiene in periferia e chi invece li fa tornare in centro dopo
averli allontanati per un periodo. Com’è andata in passato, nel XVI secolo,
nell’Ottocento? (Eraclito, rinascendo, avrebbe ancora qualche problemino per
farsi comprendere dagli occidentali). Torniamo all’attualità, in città italiane
grandi quattro, cinque volte Avezzano, dove si trova generalmente l’area del
mercato settimanale: in centro o in periferia? Basta girare un po’.
Si tratta in ogni modo di decisioni prese
dal Comune – quelli scelti dall’elettorato
–, non certo dagli ambulanti o dalle loro associazioni di categoria. (Allo
stesso modo, non si consultano i parenti forestieri degli avezzanesi, i turisti
o i pendolari del sesso e della droga quando bisogna sondare il terreno per un
nuovo Piano regolatore o quello del traffico).
L’ultimo treno per riequilibrare la
città è stato perso trent’anni fa.
Chi risiede nella periferia nord ha perciò
vissuto con sollievo, come una liberazione, l’apertura dei mall lungo la Tiburtina Valeria – avversati dai commercianti del
centro. (I partiti avezzanesi hanno promesso – a ogni tornata elettorale – che
avrebbero risanato la periferia con servizi
e negozi, fino alla fine degli anni
Ottanta). Viviamo ancora quella situazione – il centro d’Avezzano si va
spopolando in qualche maniera da mezzo
secolo, perdonate la ripetizione. Non si è mai parlato di cambiamenti di
sorta in questo lasso; è stato invece fabbricato per decenni un mondo di
cartone, eterno a misura di bottegaio e oggi, una scartoffia di un qualsiasi ufficio
lo butta giù. (Un titolo di questi giorni: «We
have 12 years to limit climate change catastrophe, warns UN», in «TheGuardian»
8 ottobre 2018. Vallo a far capire ai valorosi cococciari, che devono usare l’automobile il meno possibile).
È questo il nocciolo del problema, da
noi: quella categoria ha sempre ottenuto
tutto ciò che desiderava dalle varie
amministrazioni che si sono succedute negli ultimi decenni. (Non ha perciò
avanzato proposte alternative, finora).
(Apocalisse di Ted C.). È
interessantissimo questo grand finale:
«Neanche la pioggia ha scoraggiato gli ambulanti che hanno deciso di
perseverare contro la decisione e di fare muro contro [muro] riguardo alla
decisione di trasferimento, dovuta prevalentemente a motivi di riorganizzazione
per la sicurezza ma, secondo i commercianti, anche ad altri motivi», in Mercato in sciopero, sotto la pioggia anche
sfilata di politici per protestare contro il trasferimento, in «MarsicaLive»
6 ottobre, 2018. Sorge spontanea la domanda: quali altri motivi? (2/2)
P.S. in un recente comunicato dei
cosiddetti commercianti del centro, trovo questo: «il mercato di Porta Portese
esiste da sempre nel cuore di Roma», 9 ottobre 2018. Le cose sono messe in modo
ben diverso ed è sufficiente una veloce ricerca nel web. (Soliti vivissimi complimenti
a chi pubblica coglionerie del genere – c’è purtroppo cascata anche la carta
stampata).
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