Bollavo come
benaltrismo un paio d’interviste,
nell’ultimo post; riprendo il pezzo citato – m.s., Confesercenti: «Mini isole? Idee premature», in «IlCentro» 4
settembre 2019. (Ho sbagliato, indovinato?)
Sergio Di
Cintio (Psi), dichiara: «sarebbe utile mettere insieme un pool di tecnici,
coinvolgendo ordini professionali e atenei, che porti a [una] pianificazione a
tutto campo dove il centro si raccorda con tutto il tessuto urbano». L’oggetto
è un’isola pedonale permanente, qualche centinaio di metri di strada da
chiudere al traffico motorizzato non uno o più quartieri, il costruito in cui
ci aggiriamo almeno noi 39mila
residenti nel capoluogo. (Sorge spontanea la domanda: quanto costerebbe – alle nostre
casse comunali – un «pool di tecnici», tanto per riservare ai pedoni qualche
tratto di strada?)
È sicuro
che non dica proprio niente in proposito che so, un piano regolatore – anche del traffico
–, la storia locale recente. In
fondo: su cosa si basa l’azione del WWF, se non su materiali prodotti da
qualche amministrazione comunale? C’è discordanza con l’intervista del giorno
precedente: è esagerato parlare di «numerose ipotesi elaborate» riguardo a un’isola
pedonale (Giancarlo Cardone), nemmeno ci troviamo all’anno zero su
quest’argomento, però.
(Infine). Ci
vuole necessariamente «un pool di tecnici» per lasciare a chi va a piedi
qualche centinaio di metri di strada? Non è sufficiente un sindaco, un assessore,
un dirigente, qualche impiegatuccio?
(Serendipità).
Ho preso di mira soprattutto i partiti in quest’occasione perché di fronte al
successo di una trasformazione, di una situazione temporanea come quella di un
breve tratto di via C. Corradini, sarebbe da fare carte false per renderla
stabile o come minimo, prolungarla il più possibile.
(Scriverò anche
sull’altro).
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