venerdì 27 ottobre 2017

Accoppiamenti (poco) giudiziosi

In Abruzzo si parla di candidature e schieramenti alle prossime Politiche dall’inizio dell’anno, anche degli stessi argomenti riferiti alle Regionali ma dalla fine dell’estate. Bocche cucite da noi, prevedibilmente, mentre in giro parlano anche di avezzanesi e marsicani. (Usi obbedir tacendo e tacendo morir). Prendo lo spunto da un pezzo uscito pochi giorni fa, eccolo: P. Carducci, AQ-AZ, una nuova politica per le aree interne, in «IlCapoluogo» 25 ottobre 2017.
La prima parte ruota intorno a: «le bistrattate “aree interne”, se non iniziano a cooperare e difendere i livelli di servizi presenti sui territori, faranno la fine dei capponi di Renzo». È ora di riporre in un cantuccio i «campanilismi», naturalmente «sterili». Ho scritto cose del genere, all’incirca, tempo fa (1997). Ci ho ripensato in seguito perché la formula del partito carismatico o personale è stata applicata anche oltre Forza Italia. (Le federazioni, i territori, hanno ormai scarso senso; sono ormai sufficienti sette-otto leader di stanza nella Capitale per indirizzare, gestire l’intera vita politica italiana). Cinque o sei anni fa – dopo il 6 aprile 2009 in ogni modo –, ho proposto di lasciarci intrigare dalla geografia più che dai confini amministrativi per tentare di risolvere i nostri problemi di subalternità. Ho ripetuto l’invito durante la scorsa campagna elettorale (Amministrative); mi spiego giusto un po’. Dice qualcosa una simile espressione: «Autorità di Bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno»? Guardando la montagna che ci sovrasta (Velino) possiamo chiederci: «Ci collega a chi?». A dirla tutta, vent’anni fa, io non speravo solo di mettere fuori gioco gli «sterili campanilismi», ma vi era dell’altro – che è puntualmente spuntato fuori durante il lungo post-terremoto nell’Aquilano. Passare sotto Roma? Restare sotto L’Aquila e perciò, sotto Roma?
Può starci: «Bene ha fatto il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, ad appoggiare la recente iniziativa del sindaco di Avezzano, Gabriele De Angelis, volta al salvataggio del Tribunale della Marsica». In fondo, quanto gli è costato politicamente un simile endorsement? Il tribunale dell’Aquila tra l’altro non corre rischi di sorta a differenza di quelli d’Avezzano, Lanciano, Sulmona e Vasto. Fa sorridere invece quest’altro: «Bene pure ha fatto il sindaco di Avezzano a sostenere […] l’azione di Biondi a difesa dell’ospedale dell’Aquila». (Poteva dare anche l’assenso all’idea di linea ferroviaria Roma-Pescara passante per L’Aquila e Sulmona, trovandosi in quei paraggi). Si sostiene che «Per decenni, in Abruzzo, la leadership politica si è modulata secondo uno schema duale: da un lato la costa […] dall’altro le aree interne»; la vicenda per me, è più articolata. Lo schema citato è un adattamento dovuto al modello di sviluppo che l’Italia ha scelto negli ultimi secoli. Non è un problema perciò. Bisogna però che l’economista spieghi ai propri lettori perché il mondo politico dell’Abruzzo interno abbia scoperto tutto ciò con almeno mezzo secolo di ritardo. Vi è anche da chiarire, sempre da parte sua, i motivi per cui lo stesso schema duale è ripetuto anche a parità di quota – con economie pressoché identiche –, dentro la nostra provincia: da una parte L’Aquila, mentre dall’altra, ciascun altro comune. Detto più prosaicamente: perché diversi comuni sono incazzati, tradizionalmente, con il proprio capoluogo?
È difficile capire a chi attribuisca la responsabilità della nostra attuale situazione Piero Carducci, anche se a un certo punto fuoriesce: «aristocrazia PD». Una serie di sociologi e antropologi di lingua inglese tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso, ha studiato il comportamento della società nelle aree depresse del Meridione; i ricercatori ci hanno poi raccontato in qual maniera i partiti di allora si assicuravano i consensi in occasione delle competizioni elettorali. (È coniata in questo periodo l’espressione amoral familism). Sciascia ha considerato a suo tempo la tracimazione della mentalità mafiosa fuori dalla sua isola, il suo diffondersi altrove non solo in senso geografico (1961). Prendiamo la vicenda Tangentopoli nella prima metà degli anni Novanta: è rimasto coinvolto anche l’Abruzzo? Non posso che rispondere sì, da avezzanese con un briciolo di memoria. Ecco, è perciò sbagliato e fuorviante ricondurre i problemi dell’Abruzzo interno al vertice di un solo partito e agli ultimi dieci anni di vita politica regionale. (Come la mettiamo con la società civile, quelli che votano?).
(11 febbraio 2018). I ruoli delle diverse comunità locali appaiono confusi nel «nuovo modello di cooperazione»: non si può mettere insieme – a livello politico – L’Aquila e Capistrello, Opi o Civita d’Antino; dominatori e dominati. Alle prossime Politiche – anche alle Regionali – vi sarà sicuramente chi voterà insieme ai sulmontini, gli avezzanesi e gli aquilani contro i pescaresi, i teatini e i teramani, ma tutto ciò avrà niente a che fare con la politica, ma certo qualcosa a che spartire con l’innalzamento della «linea del caffè ristretto, del caffè concentrato» – ancora per citare lo scrittore di Racalmuto. Poi, qui viene il bello. È il più forte, chi sta vincendo che propone, impone, gestisce la pacificazione (Genesi, 8, 11) mentre da noi si dovrebbe invece assistere al contrario.
È piuttosto usuale che L’Aquila (centrodestra) e Avezzano (centrodestra) attacchino a testa bassa la Regione (centrosinistra): svolgono il loro ruolo. Alla fine gli abruzzesi voteranno alle Regionali e si profila la vittoria del centrodestra considerando sia il trend nazionale sia la delusione per l’amministrazione targata D’Alfonso. Cambierà qualcosa negli equilibri politici non tanto tra costa e interno, quanto tra i quattro capoluoghi di provincia e il loro hinterland? Per quanto ho finora scritto la risposta, è scontata: No! Ciò che paghiamo non è tanto la mancanza di leader quanto il nostro peso politico che va scemando lentamente ma costantemente a livello nazionale perché l’Abruzzo ha imboccato la strada del declino.

Scrivere di politica non è da tutti né è così facile come sembra. (Perdonate la lunghezza).

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