Amo
ripetere che esistono tante maniere di pensare quanti sono gli uomini, anche se
poi non applico tale pensiero alle persone a me più vicine.
Ho già
citato questo brano del nostro assessore all’Ambiente, parlando di metodo, di
comportamento: «Gli alberi presenti nel “giardino della città” sono 330 ma ne
vanno abbattuti subito 30», lo scorso 10 ottobre. In verità, la mia prima reazione
dopo averlo letto è stata – mi si perdoni il francesismo: «Cazzo, il triplo
dell’anno scorso!». Il pensiero di qualcun altro è invece corso immediatamente
all’unico albero monumentale
presente ad Avezzano, per di più dentro il Quadrilatero. La stessa persona mi
ha anche indicato quale immaginando a ragione quanto io fossi una pippa nel
riconoscere gli alberi – è una vecchia pianta cui mi sento abbastanza legato. Per
darvi un’idea di ciò di cui sto parlando, date uno sguardo a pagina 3:
Applichiamo
agli alberi da alcuni lustri, lo stesso comportamento che abbiamo nei confronti
delle costruzioni: prolunghiamo il più possibile la vita delle sparute che
riteniamo meritevoli mentre abbattiamo senza remore tutto il resto. Immagino che
il pioppo (Populus nigra) in
questione rientri nel novero delle piante da abbattere. Altrove si utilizzano
diversi sistemi per mantenere vecchi alberi che non ce la fanno più: succederà
lo stesso ad Avezzano, considerando la particolare allocazione dell’esemplare? Preferisco
precisare: un albero monumentale in un parco giochi per bambini. (Si possono
trasferire i giochi in un’altra area della piazza per evitare le rimostranze
delle mamme apprensive e iperprotettive in circolazione in questo periodo).
Non
ho minimamente accennato alla «ciclovia che [attraverserà] la città fino al
nucleo industriale» su questo blog. Tale brano precede quello citato, sui mezzi
d’informazione. (Si aspettano in molti, il mio entusiasmo alle stelle). Io ho «ricambiato»
il mio amico con qualche considerazione riguardante tale idea – è meglio
divagare non conoscendosi a quanto pare progetti di sorta. Mi chiedo: è
agganciata a una qualsiasi politica cittadina per la mobilità? Ritengo di no. Dietro
tale proposta vi è generalmente un modo di pensare secondo cui se costruisci un
oggetto (piazza, slargo, area verde, pista ciclabile ecc.), la gente alla fine finirà
per usarlo. L’esperienza invece insegna che non è così, soprattutto da noi e il
guaio principale è che non ci si sforza per niente a comprendere come alcune
bellissime idee (all’inizio) e opere (poi), siano poco apprezzate dai
principali utilizzatori cui esse sono rivolte. (Nel nostro caso si tratta di completare
una sorta di tracciato esistente). La «ciclovia» dovrebbe servire a chi lavora
nelle fabbriche e al Comune si starebbero muovendo in tal senso. Tale struttura
sarà probabilmente utilizzata più da chi già
si dirige verso Fucino per fare il bracciante che dagli operai e impiegati
italiani che si recano con mezzi motorizzati nel nucleo industriale. (Un breve tratto
percorso in sicurezza – tenendo conto degli orari di quei lavoratori extra-comunitari
– è meglio della situazione attuale).
Mi sono
soffermato più che altro su una parte della periferia a ridosso delle arterie che chi va a piedi o frequenta quei posti considera ancora città, mentre chi è
motorizzato no e preme sull’acceleratore – ne ho già trattato in caso
d’incidenti stradali che hanno coinvolto automobilisti e pedoni lungo la
Tiburtina Valeria. Io credo che bisognerebbe intervenire in queste zone per
garantire la sicurezza di chi si sposta.
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