domenica 13 maggio 2018

Begleitschreiben 2

In Occidente è mancata negli ultimi decenni la produzione, la diffusione di narrazioni adeguate al nostro tempo; resta invece immutato il vecchio bisogno per l’uomo di sentirsi ben collocato in un mondo percepito generalmente come caotico, che lo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni ha maggiormente ingarbugliato. S’inventa, si scruta un passato indefinito e mitico cui trarre ispirazione per il futuro dimenticando che, alle nostre spalle, vi è una rispettabile tradizione d’innovatori – come italiani –, che partendo da alcune invenzioni risalenti al Rinascimento giunge a tutto il secolo scorso con il design e la nostra brillante manodopera industriale. D’altra parte, chi ha mai riconosciuto la modernità del metodo Torlonia in Abruzzo, fin dalla seconda metà dell’Ottocento? (Anziché tirar fuori grano, patate e ortaggi per il mercato locale dal proprio latifondo, quei nobili esportavano zucchero e alcol nel resto dell’Italia).
La questione cruciale è la mancata elaborazione di un pensiero capace di legare insieme l’impressionante mole – detto in modo migliore: la complessità – dei contributi provenienti dalle scienze e da altre forme di conoscenza prodotte negli ultimi cento anni, dalla teoria della relatività ristretta in poi; la mente umana, tra l’altro, ha una capacità limitata nell’accumulazione dei dati ed è più agevole, mescolando o rimontando in un altro ordine, aggiornando vecchi concetti, teorie o tecniche, inventare.
Il sapere disperso in mille rivoli comporta lo scarso impiego nella vita quotidiana, di conoscenze ed esperienze. Io continuo a registrare come esempi a scala regionale la costruzione di edifici in aree golenali, condomini tirati su eludendo in parte la normativa anti-sismica e il progetto di estese discariche sopra un acquifero. Nonostante questo sterminato ammasso d’informazioni, abbiamo un’idea dell’Abruzzo non priva d’insufficienze; sono d’altra parte ignorati degli studiosi, sottovalutati i testi di cattedratici mentre sono editi ed esaltati libri di storici da operetta.
(Riassumo). Il nostro passato (remoto, recente) non è stato indagato a sufficienza dalla storiografia (locale, nazionale). È stato poco e male utilizzato il materiale proveniente dai libri di storia nella costruzione dell’identità abruzzese. Lo storytelling non ha saputo impiegare in maniera efficace la rappresentazione che diamo di noi stessi. (Si è perso troppo nei passaggi da un piano all’altro).
In fondo, è uno slogan che funziona nel Ventunesimo secolo quello basato sulla forza degli abitanti di un posto? Quello che evoca l’isola in un mondo policentrico e abbastanza interconnesso, troppo raggomitolato su se stesso e perciò senza un punto di vista situato al suo esterno per meglio osservarlo? La «capa tosta»? […] (2/2)

da: Scontornamenti, Aleph editrice 2018

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