martedì 8 maggio 2018

Tossix Nouveaux

Sono partite le celebrazioni per il centenario della fine della Prima guerra mondiale. È stata un’occasione come tante altre per ricordare, da parte di molti, come tanti marsicani furono inviati al fronte nel 1915.
Mi è capitato di scrivere: «Uno dei traguardi raggiunti dalla locale storiografia è la scoperta che dopo il terremoto, i giovanissimi reduci da quell’atroce esperienza o già impegnati nel Regio esercito furono richiamati per combattere nella Grande guerra. La vicenda suona strana ai nostri giorni: perché non chiedere e ottenere un esonero, un rinvio della partenza, accusare una malattia inesistente per una destinazione prossima alla Marsica?» (Nuove cancellazioni, 2015).
Amplio un po’ il resto di quel frammento. Si è mai lamentato qualcuno per una simile situazione? Ha mai – addirittura – protestato un giovane di queste parti? La risposta – inquietante per noi –, è: No!
In quel tempo era normale per un italiano andare a combattere e rischiare la vita per il re e per la patria; i connazionali di allora erano pronti a farsi ammazzare per difendere l’onore di quel tricolore. (In silenzio: ricordate il primo motto dei nostri carabinieri?) Chi è disposto – non da ieri – a finire in un teatro di guerra per il mite Gentiloni o per il prossimo presidente del Consiglio dei ministri? Chi per la «Patria», evocata con l’iniziale maiuscola da più di un partito di destra alle recenti Politiche? (Gli italiani espongono la bandiera a tre colori giusto quando gioca la nazionale di calcio).
Era un mondo ben diverso dal nostro. (Non c’erano, tra l’altro, in quel periodo né l’esercito professionale, né i missili balistici intercontinentali, i droni e tantomeno i contractor). Allo stesso modo per noi europei, è difficoltoso oggi capire chi si fa saltare in aria per questioni religiose; perfino il vicino di casa che conduce i «taxi del mare».
È bene ricordare quella guerra e l’immane carneficina da essa prodotta, cercando però di sfogliare anche qualche libro di storia o qualche romanzo che racconti l’Italia negli anni Dieci del secolo scorso. Ci sarebbe ancora da scrivere sulle celebrazioni del Centenario della Grande guerra, ad Avezzano…

(Dispiace per la dipartita di Ermanno Olmi).

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