Sono partite le celebrazioni per il
centenario della fine della Prima guerra mondiale. È stata un’occasione come
tante altre per ricordare, da parte di molti, come tanti marsicani furono
inviati al fronte nel 1915.
Mi è capitato di scrivere: «Uno dei
traguardi raggiunti dalla locale storiografia è la scoperta che dopo il
terremoto, i giovanissimi reduci da quell’atroce esperienza o già impegnati nel
Regio esercito furono richiamati per combattere nella Grande guerra. La vicenda
suona strana ai nostri giorni: perché non chiedere e ottenere un esonero, un
rinvio della partenza, accusare una malattia inesistente per una destinazione
prossima alla Marsica?» (Nuove
cancellazioni, 2015).
Amplio un po’ il resto di quel
frammento. Si è mai lamentato qualcuno per una simile situazione? Ha mai –
addirittura – protestato un giovane di queste parti? La risposta – inquietante
per noi –, è: No!
In quel tempo era normale per un
italiano andare a combattere e rischiare la vita per il re e per la patria; i
connazionali di allora erano pronti a farsi ammazzare per difendere l’onore di quel
tricolore. (In silenzio: ricordate il primo motto dei nostri carabinieri?) Chi
è disposto – non da ieri – a finire in un teatro di guerra per il mite
Gentiloni o per il prossimo presidente del Consiglio dei ministri? Chi per la
«Patria», evocata con l’iniziale maiuscola da più di un partito di destra alle
recenti Politiche? (Gli italiani espongono la bandiera a tre colori giusto
quando gioca la nazionale di calcio).
Era un mondo ben diverso dal nostro. (Non c’erano, tra l’altro, in quel
periodo né l’esercito professionale, né i missili balistici intercontinentali,
i droni e tantomeno i contractor).
Allo stesso modo per noi europei, è difficoltoso oggi capire chi si fa saltare
in aria per questioni religiose; perfino il vicino di casa che conduce i «taxi
del mare».
È bene ricordare quella guerra e l’immane
carneficina da essa prodotta, cercando però di sfogliare anche qualche libro di
storia o qualche romanzo che racconti l’Italia negli anni Dieci del secolo
scorso. Ci sarebbe ancora da scrivere sulle celebrazioni del Centenario della
Grande guerra, ad Avezzano…
(Dispiace per la dipartita di Ermanno
Olmi).
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