venerdì 18 maggio 2018

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(Il clima dentro Palazzo di città). Vi è qualcosa di nuovo e qualcosa di vecchio nell’attuale situazione.
Parto dall’antico, perdonate qualche ripetizione. Una volta insediato il nuovo consiglio comunale che – a sua volta – eleggeva il sindaco, succedeva che il partito di maggioranza (assoluta, relativa) si spaccava in due o tre pezzi e il sindaco aveva un risicato campo di azione, da noi. Le amministrazioni di un tempo realizzavano poco, ma duravano. I sindaci eletti direttamente dai cittadini hanno invece un maggiore spazio di manovra. Nel frattempo, è cambiata la società quindi i partiti, l’offerta politica: non vi è più il classico paio di corazzate che raccolgono ciascuna almeno il 30% dei consensi. Sono spuntate le liste d’appoggio pochi anni dopo l’introduzione dell’elezione diretta del sindaco. (Le chiamano pudicamente «liste civiche» ad Avezzano). Sorgono dei problemi quando il numero degli assessorati è inferiore a quello delle liste presenti nell’alleanza politica vincente. (Vi sono anche le poltrone degli enti sovra-comunali e altro, è vero).
Arrivo alla nostra situazione. Non immaginavo – sbagliando – che scattasse l’«anatra zoppa». Succede di rado ma vale la pena registrare che in alcuni casi in Italia, chi vince le elezioni inizia ben presto a «fare la spesa» nei banchi dell’opposizione. («Fare la spesa» è molto diverso da accordarsi). Era quella la strada da imboccare subito dopo il ballottaggio, da parte di De Angelis, anziché aspettare nove mesi, qualche cambiamento nel quadro politico nazionale e suo personale. Vi sono ancora delle incertezze nella composizione di una nuova Giunta e questo mi permette un ragionamento che mi sta a cuore.
Ho pubblicato questo, un anno fa:
«Io ben ricordo anche l’esito della convocazione di alcuni “tecnici” da parte del sindaco, poco dopo le elezioni: proprio loro dovevano avviare i lavori dell’amministrazione Di Pangrazio, ma non se ne fece niente perché si dichiararono non disponibili. (Una parentesi. Si può parlare di sconfitta se un politico non riesce a mettere insieme una squadra di tecnici. Per un tecnico che non sa aggregare altri colleghi per un periodo di cinque-sei mesi, la sconfitta è invece doppia)», 11 maggio 2017.
Ci rimettono i «tecnici», i giovani disposti a impegnarsi seriamente come assessori anziché i politici puri e di lungo corso in una simile situazione; quelli che agiscono più che trattare, inaugurare, partecipare, auspicare. Ai nostri giorni sono stati inquadrati nel mirino, quei due o massimo tre nomi che possiedono un profilo adatto a ricoprire il loro ruolo nell’attuale Giunta.
L’assessorato tagliato a misura di avvocato è un’idea certo cervellotica, anche se finora – per quanto ne so io –, il precedente cambio non ha avuto ripercussioni. Il posto della Colucci, in caso di sostituzione, può essere occupato solo da un suo collega. Ancora. Si è fatto anche il nome di Presutti, l’assessore che – per quanto se ne sa – più ha brillato in questi mesi: lo sostituisci con un odontotecnico, un ingegnere nucleare, un artista concettuale gradito a chi negli ultimi tempi protesta? Vale un simile discorso per Mazzocchi con, tra l’altro, la sua ormai lunga storia politica; così come stanno le cose: ti fai prestare Nando Boccia dall’opposizione, part-time?

La legge elettorale non prescrive una figura carismatica a guidare un’Amministrazione, uno in grado di evitare più che ricomporre dei dissidi – da noi sono affiorati perfino problemi di leadership –, e si può perciò aspettarcisi un simile periodo d’incertezza. Si diceva una volta: «Gli elettori non capirebbero». Ci rimette anche la cittadinanza quando si collocano degli incapaci sul ponte di comando.

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