Considerando tra amici il clima costruito
ad arte ad Avezzano, riguardo a piste ciclabili e isola pedonale per un
trentennio, si è poi proseguito sull’opinione pubblica: essa è senza dubbio qualcosa
di manipolabile. I giovinastri mi raccontavano la paranoia dell’invasione degli
stranieri mentre i dati ci dicono l’opposto. Stesso discorso per l’aumento
della delinquenza: le fredde cifre più che le espressioni facciali mostrate in
favore di telecamera, ci mostrano che non è vero. Non è in realtà una faccenda
che investe solo le testate giornalistiche nazionali, estesi network televisivi e radiofonici,
strateghi della comunicazione che vivono nelle grosse città e che postano
frequentemente su Facebook e Twitter in vece del committente. È agevole
indirizzare l’opinione pubblica anche in ambienti ristretti, di montagna e nel Meridione.
Ho raccontato la ricorrenza delle
espressioni «asfalto elettorale» e «asfalto pre-elettorale» riferita all’ex
sindaco Giovanni Di Pangrazio, all’inizio della lunga campagna elettorale per
le Amministrative 2017 – pubblicati anche su SITe. La prima volta è stata dopo alcuni mesi dopo il suo
insediamento: mancavano circa quattro
anni e mezzo dalle elezioni più
vicine. Durante il suo mandato, si è assistito a un’estenuante sequela di
lamentele da parte dei cittadini ma non solo, per le buche lungo le carreggiate
e sui marciapiedi. Lui, tra l’altro, è intervenuto pesantemente con le
betoniere ma puntualmente qualche testata giornalistica sfoderava la solita
accusa: «asfalto elettorale». Di Pangrazio si è perciò trovato tra due fuochi
per quasi cinque anni; avrebbe lasciato la fascia tricolore e soprattutto abbandonato
la politica, se fosse davvero un tecnico. Nel suo ultimo periodo, la sua Amministrazione
ha registrato l’apertura di un nuovo fronte: un maggiore interessamento dei
mezzi d’informazione al nostro patrimonio arboreo. Le testate giornalistiche hanno
preso a raccontare di rami caduti. Erano questi considerati dalla cronaca
locale – lo sono ancora – tutti uguali;
sia quelli di maestosi alberi con quasi un secolo di vita alle spalle, casomai
malaticci, reduci dall’ennesimo acquazzone estivo, una grandinata, una
nevicata, una giornata particolarmente ventosa, sia quelli delle essenze
piantate di recente e perciò molto giovani, piuttosto basse e in assenza di
fenomeni meteorologici rilevanti. Perché è possibile tutto questo? Nell’estate
di alcuni anni fa, ho contato tre alberelli con il tronco (4 cm di diametro, sì e no) spezzato a un’altezza tra gli 80
e i 90 cm, più un altro «collega» interamente
a terra – pochi giorni dopo il suo sostegno. Era palese vandalismo – a
differenza dei rami (piccoli, grandi) a
portata di mano e misteriosamente penzoloni. Ne trattarono le testate
giornalistiche? A proposito: vi è lo stesso clamore mediatico per un ramo caduto
o strappato ai tempi della passata Amministrazione (Di Pangrazio) quando capita
lo stesso, ai nostri giorni? È passato solo un paio d’anni, dovremmo
ricordarcelo bene tutti.
È andato in scena un copione simile con
il nuovo sindaco. L’assessore all’Ambiente ha preso a far monitorare il nostro
patrimonio arboreo dai tecnici e poi, zac!
(Nel senso: quelli pericolanti). Non
l’avesse mai fatto, «Manca l’ombra», «È brutto», «Adesso, dove porto i bambini?»
e via inventando amenità; altri chiarimenti e rassicurazioni, foto con gli
alberi nuovi ripiantati nello stesso posto – in piazza A. Torlonia –, sono
state inefficaci e purtroppo, non è una mera questione di pregiudizio.
Riprendo: le polemiche contro il taglio degli alberi sotto De Angelis, hanno lo
stesso vigore di quando Di Pangrazio compiva la medesima operazione?
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