lunedì 27 agosto 2018

Impro, I bis

(Altre esagerazioni). Il quotidiano regionale ha dedicato l’apertura della cronaca locale a un incidente: una donna è inciampata nel cordolo della pista ciclabile lungo via G. Marconi, all’altezza della scuola media C. Corradini.
Sono io mai finito sui giornali per un «volo» in parete, un ruzzolone in montagna, una caduta pericolosa con la mountain bike? Quando mi arrotarono? (Ho mai raccontato su questo mio blog le mie scivolate per strada ma soprattutto: l’ho mai presa con altri per tutto ciò?). Le altre persone? È andata come al sottoscritto: le testate giornalistiche raramente raccontano incidenti del genere. Raramente, con quel che può derivarne. (Gli inizi d’agosto, la politica in vacanza e in redazione non giunge un comunicato-stampa neppure a pagarlo, estate, avezzanesi sotto l’ombrellone a Silvi Marina o a Francavilla al Mare… vabbè. Prenderla con Il Centro, in questi brutti tempi, è come sparare sulla Croce Rossa).
Qualcuno mi ha poi segnalato un pezzo sullo stesso «episodio», pochi giorni dopo. Ecco il titolo: Avezzano. Prima vittima della pista ciclabile in centro, in «MarsicaWeb» 8 agosto 2018.
«vìttima s. f. [dal lat. victĭma, di etimologia oscura]. – 1. Essere vivente, animale o uomo, consacrato e immolato alla divinità: consacrare, sacrificare, uccidere o immolare la v.; condurre la v. all’altare; Mentre che ’n su la riva un bianco toro Al supremo Tonante offro per vittima (Caro); per l’usanza di trarre auspici dai visceri degli animali sacrificati, v. extispicio. Nell’uso ant., fare vittima di qualcuno, sacrificarlo: Carlo venne in Italia e, per ammenda, Vittima fé di Curradino (Dante). 2. estens. e fig. a. Chi perisce in una sciagura, in una calamità, in seguito a gravi eventi o situazioni: le v. del terremoto; le v. dell’ultima guerra; le v. del terrorismo; le v. di un disastro ferroviario, di una sciagura aerea; morire vittima di una epidemia, di una grave infezione, della droga; vittime della strada, della montagna, ecc., i morti per incidenti stradali, per incidenti avvenuti in montagna, ecc.; v. del dovere, chi perisce nell’adempimento del proprio dovere. b. Chi soccombe all’altrui inganno e prepotenza, subendo una sopraffazione, un danno, o venendo comunque perseguitato e oppresso: restare v. di un intrigo, di un tradimento; essere v. della prepotenza altrui; vittime della barbarie, della tirannide; anche in riferimento a chi si danneggia da sé stesso: quell’uomo è v. del suo eccessivo attaccamento al lavoro, della sua ambizione. In usi iperb., chi è costretto a subire le imposizioni altrui, a essere succube di altri: essere v. o la v. del marito, della moglie; quel giovane è sempre stato v. della madre, o dell’autoritarismo oppressivo dei genitori. Frequente nell’uso fam. l’espressione fare la v., atteggiarsi a vittima, dire e lamentare di essere oppresso e maltrattato: fa la v., ma in realtà chi comanda, in casa, è lei; smettila di fare la v., tanto nessuno ti crede» (Treccani dixit, di nuovo).

La signora in questione ha rischiato molto per una serie di circostanze ma può ancora raccontarla. Si può scrivere dell’accaduto, anche solidarizzare, ma è bene glissare su tutto il resto – altrimenti bisogna farlo sempre.

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