Riprendo la vicenda del medico
avezzanese che aveva dato del troglodita a quattro imprecisati commercianti per
la loro contrarietà alle piste ciclabili. Quando mi è stata raccontata –
probabilmente dal diretto interessato –, io ho immediatamente aggiunto, tutto
serio: «Sì, ma la datazione è sbagliata». Il mio interlocutore non vi ha badato
e ha proseguito.
Nel nostro immaginario, troglodita rimanda
al termine Paleolitico – di là delle classificazioni. Gli uomini d’allora,
giunti in Europa da alcuni millenni (Paleolitico superiore), trascorrevano
abbastanza tempo dentro le caverne; essi hanno lasciato numerose tracce della
loro tecnologia. Abbiamo anche tutti presente le pareti disegnate nelle grotte
di Lascaux (Francia) e quelle più recenti d’Altamira (Spagna). Possiamo ancora
visitare quelle rudimentali – per noi s’intende – opere d’arte, perché nel
corso dei millenni a nessuno, è mai saltato in mente di rovinarle o cancellarle
eppure ci sembrano fluttuare, essere effimere. Adesso torno nuovamente al restyling di piazza Risorgimento. Nella
mente di alcuni commercianti e altri personaggi negli ultimi tempi invece, un
conto è la parte superiore della piazza
(in via di ristrutturazione), un altro la carreggiata
e il marciapiede confinanti lungo
via C. Corradini – per il momento. I documenti inerenti all’urbanistica – come
scrissi agli esordi del vecchio blog – sono generalmente considerati alla
stregua della carta straccia, dai compaesani. Per decenni, non a caso, si è
sviluppato un rilevante abusivismo edilizio. (Vi è stato ovviamente anche chi
si è comportato in maniera corretta). Chi ha costruito una o più abitazioni in
modo abusivo, non automaticamente si è dedicato anche nell’arte della truffa,
del furto con scasso, addirittura dell’omicidio. (Avranno fatto sicuramente i
moralisti all’epoca di Tangentopoli – «I politici sono tutti ladri!» –, vabbè).
Chi considera divisibile quel
progetto di restyling è almeno un troglodita. Tutto felice
della nuova, più precisa datazione, esco a farmi quattro passi e noto che il
comune commerciante raggiunge il posto di lavoro con l’automobile, porta con sé
uno smartphone e alza la saracinesca
utilizzando l’elettricità. Come la metto a questo punto? La domanda che pongo
solitamente adattata alla situazione particolare: è utile a una parte in
contesa con un’altra, stabilire che l’avversario si comporta allo stesso modo
dei nostri antenati vissuti nel Paleolitico medio o anche in precedenza? Penso
di no – anche in Occidente, negli ultimi decenni.
Più che altro io avrei irriso l’uso ricorrente
delle iperboli – una vecchia storia
per chi mi segue da anni –, prese per oro colato dai mezzi d’informazione, gli scenari da post-Apocalisse riproposti annualmente, l’ipocrisia nascosta dietro tanti discorsi. (Tutto questo dato in
pasto all’opinione pubblica, senza timore d’apparire ridicoli). Simpatica la
locuzione che ha fatto breccia anche nel mondo politico locale: qualsiasi
modifica dello stato presente è considerata la «pietra tombale» del centro.
L’esperienza dovrebbe invece insegnare a molti avezzanesi che nessun centro
cittadino o agglomerato urbano è sprofondato nelle viscere della Terra, sparito
nel nulla dopo l’adozione di un’isola pedonale o qualche decina di chilometri
di piste ciclabili, almeno nell’ultimo mezzo secolo. La città è qualcosa di più
complesso della rappresentazione piuttosto banale, fornita da un troncone di
una categoria.
Vedremo come andrà a finire.
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