Ho raccolto alcuni giudizi contro la
pista ciclabile in costruzione e ho notato la ricorrenza di un aggettivo tipico
del Novecento: «inutile, costosa», «inutile e dannosa», «inutile ed
inutilizzabile». Nessuno finora ha spiegato perché è inutile – nessun
giornalista l’ha chiesto durante le interviste. (Glisso sui presunti costi per
le nostre casse comunali).
Possiamo definire inutili determinati
rifiuti che noi tutti allontaniamo – scorie nucleari, ceneri tossiche prodotte
dall’incenerimento, eccetera. Sono inutili – per chi ancora le ricorda – le
bestie da soma, impiegate fino agli anni Sessanta in agricoltura; non le vedi
più in giro: che te ne faresti oggi?
Stiamo da mesi parlando – non
discutendo – di realizzazioni (isola pedonale, pista ciclabile) che da decenni
si sono affermante nel nostro continente, che notiamo e utilizziamo quando usciamo da queste montagne e sono perciò
tutt’altro che inutili. (C’entra di mezzo anche una generosa componente
d’ipocrisia, in questa vicenda). Le trovi in città che hanno un efficiente
trasporto pubblico (tram, autobus, metropolitana) e l’Italia – potendo
interessare – punta molto allo sviluppo della propria rete ciclabile. Avezzano
potrebbe avere la sua isola pedonale – ok,
risicata –, dopo sessantasei anni
dalla sua prima apparizione.
(È tornata in auge l’idea di un’isola
pedonale dalle parti di piazza A. Torlonia. A questo punto, perché non acquistare
un pezzo di Tagliacozzo, Celano o Pescina per farci passeggiare gli avezzanesi in
santa pace? «Tanto, ce l’hanno tutti la
macchina…»).
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