giovedì 22 agosto 2019

Arlequin

Nel post precedente – riprendendo un comunicato dello scorso 13 agosto – ho ammesso di aver poco chiaro il progetto complessivo di piazza del Mercato – a distanza di un anno abbondante dalla sua presentazione. (Le avvisaglie c’erano già state dieci giorni prima, in realtà).
Roberto Verdecchia aveva conteggiato l’«erosione di ben 32-36 posti auto che consentirebbe soltanto il transito e non la sosta su i due lati», il 3 agosto 2019. Due giorni dopo, Giovanni Ceglie (Pd) parlava di: «segnali verdi del limite ove sarà allargata la piazza e che fagocitano tutta l’area destinata ai parcheggi intorno ad essa». (Le associazioni di categoria dei commercianti non hanno colto la palla al balzo questa volta e chissà perché). Leggevo, infine, il 16 agosto (MarsicaLive): «il commissario Passerotti ha deciso di mantenere l’attuale sistema di viabilità dell’area interessata». Mi era sfuggito per diversi mesi tutto questo e probabilmente dell’altro: sono l’unico avezzanese?
Penso che la comunicazione dell’amministrazione De Angelis al riguardo sia stata almeno insufficiente: egli non ha saputo comunicare i motivi di quella scelta, in generale. Io ritengo quel tipo di restyling senza dubbio più interessante di quello eseguito in piazza Risorgimento, perché si proponeva niente meno che ravvivare un luogo storico della città, divenuto un posto di passaggio ormai da decenni. Bisognava far capire la differenza tra l’attrazione esercitata dal mattonato proposto da Di Pangrazio e quella della sua copertura agli avezzanesi. Una differenza sostanziale, perché è più facile vedere qualcuno fermarsi sotto un qualsiasi riparo, fosse anche un «forno a microonde», che sopra una superficie, per quanto artistica e raffinata. Si è trovato perciò sotto il fuoco incrociato di vari provincialismi, come si evince dal brano di Giuseppe Angelosante ripreso nel precedente post.
Adesso? Il progetto complessivo – almeno i tre elaborati che s’incrociavano – è in parte compromesso e avremo in quel posto la rappresentazione plastica di una federazione di richieste che, in teoria, non dovrebbe scontentare nessun contendente: l’estesa copertura di vetro al centrodestra, parcheggi h24 al Partito democratico, due platani a M5s e altri. (Sperando che la capitozzatura non avvicini la morte degli alberi rimasti).
Gli annosi litigi personali tra due politici locali – più una recente aggiunta – hanno perciò rischiato di sciupare un’ottima occasione per ammodernare un pezzo di città immobile da decenni.
Nei miei giri nella nostra periferia ho notato che diversi privati hanno eliminato almeno una pianta dal proprio orto o giardino, dopo le recenti inconsuete forti ventate. (Anche sotto Ferragosto, senza vento né flash flood). Si tratta di alberi certo più giovani di quelli di cui si discute da mesi, messi a dimora casomai dal proprio genitore o da un nonno non certo da un sindaco. Sì, se ne sono allegramente impippati della Storia, dei Ricordi e simili amenità; loro hanno invece pensato ai danni che avrebbe provocato il crollo di una vecchia pianta, sull’automobile, il garage o il box, l’abitazione, la vetrata del soggiorno o della mansarda. (Chi li avrebbe mai risarciti?). Un sindaco (particolare) deve invece «ascoltare», quasi chiedere permesso a 42mila cittadini per decidere se abbattere o no un albero di una certa età – anche malato –, attorno al quale circolano decine di automobili e centinaia di persone durante l’arco della giornata.

(Emeroteca). Leggetevi qualche dato, per avere un’idea dello stato del nostro patrimonio arboreo, M. Sbardella, Presutti: «In questa città mancano mille alberi», in «Il Centro» 18 agosto 2019. (Poi vi passo un po’ di roba vecchia).

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