venerdì 25 gennaio 2019

R19 (impro)

Lo scorso 23 gennaio – in piena campagna elettorale – si è conosciuto un elenco dei siti inquinati nella nostra regione. M’immaginavo, come altri ingenui, che i candidati ne approfittassero per i loro incontri e interviste per prenderla con gli avversari («quelli che hanno finora governato», «l’eredità di quelli che hanno governato prima di noi»). Non è andata così perché si tratta di elezioni in cui pesa ancora il clientelismo.
Ragionando con un po’ di freddezza: alla nostra classe politica non è mai interessata granché la questione – tranne che per sparuti e clamorosi casi. AbruzzoWeb non a caso titolava: Abruzzo regione verde? Contaminati 864 siti e non ci sono soldi per le bonifiche. (Io ho tradotto: nessuno, è mai andato a lamentarsi alla Regione o al governo centrale).
M’interessano relativamente tutti quei siti in quest’occasione, ma considero quelli sicuramente inquinati (159). Si tratta, solo quelli, di una cospicua fascia del nostro patrimonio inutilizzabile: non puoi giocarci a pallone e devi prestare attenzione all’acqua che esce dal tuo rubinetto. La stessa testata ha precisato: «I 159 siti “contaminati”, registrano superamenti accertati delle Concentrazioni soglia di rischio (Csr) o delle Concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) per le acque». (Vi è anche dell’altro, ovviamente).
Trattandosi di annose vicende che però sfuggono al frame dominante da alcuni anni (élite vs. popolo), è perciò prevedibile che si prosegua, seguendo altre strade, a evitare tale argomento anche nell’immediato futuro.
Avezzano con i suoi dodici siti non è messa male, rispetto che so, a Bussi sul Tirino, ma neanche tanto bene. (Su Celano ho ripreso ampiamente da Site, in passato).

Quando si blatera di sviluppo in campagna elettorale, bisognerebbe anche conoscere le risorse che si hanno a disposizione.

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