Lo
scorso 23 gennaio – in piena campagna elettorale – si è conosciuto un elenco
dei siti inquinati nella nostra regione. M’immaginavo, come altri ingenui, che
i candidati ne approfittassero per i loro incontri e interviste per prenderla
con gli avversari («quelli che hanno finora governato», «l’eredità di quelli
che hanno governato prima di noi»). Non è andata così perché si tratta di
elezioni in cui pesa ancora il clientelismo.
Ragionando
con un po’ di freddezza: alla nostra classe politica non è mai interessata
granché la questione – tranne che per sparuti e clamorosi casi. AbruzzoWeb non a caso titolava: Abruzzo regione verde? Contaminati 864 siti
e non ci sono soldi per le bonifiche. (Io ho tradotto: nessuno, è mai
andato a lamentarsi alla Regione o al governo centrale).
M’interessano
relativamente tutti quei siti in quest’occasione, ma considero quelli
sicuramente inquinati (159). Si
tratta, solo quelli, di una cospicua fascia del nostro patrimonio inutilizzabile: non puoi giocarci a
pallone e devi prestare attenzione all’acqua che esce dal tuo rubinetto. La
stessa testata ha precisato: «I 159 siti “contaminati”, registrano superamenti
accertati delle Concentrazioni soglia di rischio (Csr) o delle Concentrazioni
soglia di contaminazione (Csc) per le acque». (Vi è anche dell’altro,
ovviamente).
Trattandosi
di annose vicende che però sfuggono al frame
dominante da alcuni anni (élite vs. popolo), è perciò prevedibile che si
prosegua, seguendo altre strade, a evitare tale argomento anche nell’immediato
futuro.
Avezzano
con i suoi dodici siti non è messa
male, rispetto che so, a Bussi sul Tirino, ma neanche tanto bene. (Su Celano ho
ripreso ampiamente da Site, in
passato).
Quando
si blatera di sviluppo in campagna elettorale, bisognerebbe anche conoscere le
risorse che si hanno a disposizione.
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