Preferisco prendere alla larga una
(classica) questioncella estiva delle mie parti.
Non è raro imbattersi in una città e
riconoscere le mani che l’hanno plasmata. Trovi il borgo o la cittadina
industriale, quella impostata sulle esigenze degli agricoltori, eccetera.
È difficile classificare Avezzano, per
via della sua breve storia e per il ricambio di residenti nell’ultimo secolo. Si
ha un’inquadratura eloquente guardandola dall’alto per intero: cemento, cemento
e ancora cemento, non di rado sparso a casaccio. È un agglomerato
caratterizzato da una crescita lenta ma costante, nell’ultimo tratto della sua
storia. Fornisce l’idea di una città ideale per proprietari terrieri e
costruttori, nonostante le sue ridottissime dimensioni. (Poteva essere un po’
migliore il centro, ma c’entra anche la classe politica dell’ultimo secolo).
C’è in realtà l’immagine più diffusa e
perciò sovrastante: la città dei commercianti. Passeggiando al centro sei
portato a procedere in modo ipnotico indefinitamente senza pensare minimamente
a sostare un attimo davanti a qualcosa che colpisce la tua attenzione, come
dentro un ipermercato. Sembra una sorta di «mangiatoia» dopo l’apertura di nuovi
locali negli ultimi due anni: è un peccato veniale, perché ormai le città europee
– lungi dall’essere luoghi di produzione –, sono divenute delle zone di consumo.
Va aggiunto il passaggio del testimone dalla borghesia industriale illuminata
ai parvenu (abbastanza cafoni)
d’oggi. (Erano impensabili fino a trent’anni fa gli edifici pacchiani che
vediamo erigere – anche le «espressioni culturali» che ci ronzano intorno).
La persistenza, la dominanza di tale
immagine è da attribuire all’attivismo dei commercianti dagli anni Novanta.
(Anche alla grancassa dei mass media
locali). Sono partiti contribuendo ad alcune iniziative di tipo ricreativo –
anche imponendo i sindaci da quando c’è la loro elezione diretta –, proseguendo
con la strenua opposizione a qualsiasi misura per limitare il numero delle auto
in centro (Ztl, isola pedonale), il contrasto agli ipermercati – il primo in particolare
– e la vittoria per la progressiva eliminazione dell’anello a senso unico sul
bordo del Quadrilatero. La pesante cappa ideologica costruita almeno negli
ultimi decenni dalla categoria, ha inciso corposamente sul modo di pensare dei
cittadini. Io l’ho trovata devastante: «In uno qualsiasi dei restanti 8143
comuni italiani, basta chiedere il nome della via principale e tutti sono in grado di rispondere. Ad Avezzano no,
tu poni una domanda del genere e chiunque dà una risposta sbagliata. (“Via
Corradini!”)». (1/2)
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